Cronaca della giornata

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E’ una questione di vita o di morte

Grande partecipazione alla seconda edizione del Convegno Per la Vita che precede la Marcia Nazionale Per la Vita. Oltre 300 partecipanti all’evento organizzato da diversi gruppi pro-life a Roma.

 

di Daniele Sebastianelli

Tra i diversi appuntamenti che ruotano intorno alla Marcia Per la Vita ve ne sono alcuni che, col tempo, stanno diventando dei classici molto apprezzati e partecipati. Tra essi spicca il Convegno per la Vita, che quest’anno ha avuto come titolo È una questione di vita o di morte. Giunto alla seconda edizione è promosso da Vita Umana Internazionale (la sede romana di Human Life International) e organizzato insieme a diverse sigle pro-life del panorama italiano, in quest’occasione con l’Associazione ProVita Onlus e l’Istituto del Verbo Incarnato.

Svoltosi la mattina stessa della Marcia Per la Vita (il 20 maggio) nella prestigiosa sede della Pontificia Università San Tommaso D’Aquino (Angelicus) di Roma, il convegno ha visto come relatori il prof. Danilo Castellano, già docente di Filosofia della Politica nell’Università degli Studi di Udine, il prof. Tommaso Scandroglio, docente di Etica e Bioetica presso l’Università Europea di Roma, la dott.ssa Dina Nerozzi, medico specializzato in Neuropsichiatria Infantile ed Endocrinologia, Toni Brandi, presidente di ProVita Onlus e Don Shenan Boquet, Presidente di Human Life International. Ospite d’eccezione, Gianna Jessen, la donna sopravvissuta ad un aborto salino divenuta testimone d’eccellenza della lotta e del diritto alla vita innocente. A presentare i lavori ed introdurre i relatori, Don Francesco Giordano, direttore di Vita Umana Internazionale (sede romana di Human Life International.)

Lo scopo del convegno è stato mostrare l’urgenza e insieme la necessità di un serio impegno attivo e fattivo di tutte le componenti pro life italiane per riaffermare il diritto alla vita degli innocenti in mondo in cui non solo è minacciato, ma quotidianamente attentato con sempre maggiore violenza e fanatismo ideologico. Non solo i bambini concepiti, gli anziani e i disabili sono costantemente tenuti sotto tiro dalle leggi abortiste ed eutanasiche, ma è lo stesso concetto di “qualità della vita” che sta penetrando sottilmente ma prepotentemente nell’opinione pubblica, generando dibattiti e mentalità fluide in grado di generare quel terreno fertile per l’imposizione di leggi mortifere che già da tempo sono in programma nelle agende politiche nazionali ed internazionali.

Danilo Castellano ha trattato gli Aspetti giuridici delle leggi ingiuste. «Nel nostro tempo si crede di rispettare la persona garantendo il rispetto e la realizzazione di qualsiasi sua volontà» In Germania, per esempio, ha raccontato il professore, «il Comitato Etico Governativo ha sentenziato che l’incesto è un diritto della persona alla condizione che sia volontario e che sia praticato da persone che godono della capacità di agire». In realtà, ha osservato Castellano, sebbene la legalità si a una cosa giusta da perseguire e il suo rispetto sia un dovere morale e civile, «le leggi debbono essere giuste. Non debbono prescrivere iniquità e, possibilmente, nemmeno tollerarle». Eppure, ricorda il professore, «il nostro tempo è particolarmente ricco di leggi ingiuste», anche se occorre distinguere tra leggi ingiuste «con un residuo di giuridicità», leggi ingiuste prive assolutamente di giuridicità «quindi norme che solo nominalisticamente e arbitrariamente possono essere definite leggi, ma che vanno, in determinate gravi circostanze, tollerate al fine di evitare mali maggiori, non prescrivendo esse positivamente l’iniquità ma semplicemente permettendola» e norme «prive assolutamente di giuridicità, per le quali è doveroso un impegno per la loro abrogazione, poiché esse sono causa di gravi e continui crimini». Queste ultime non possono essere tollerate, «al massimo, possono essere subite, ma per la loro abrogazione ci deve essere un costante impegno». Tra esse figura le “legge” 194/1978 sull’aborto.

In fondo, ha spiegato il professore, è tutto l’ordinamento che, per essere realmente giuridico, deve essere giusto, perché «le norme debbono prescrivere il bene e vietare il male, anche se la norma positiva non ha la funzione di prescrivere tutto il bene e di vietare tutto il male. Solamente così l’ordinamento giuridico concorrerà anche alla realizzazione di una finalità pedagogica» cioè «rendere buoni i cittadini». Lo Stato, ricorda Castellano, «non è creatore dell’etica, ma subordinato ad essa». Solo così «lo Stato che rispetta la giustizia esercita la sua naturale e meritevole opera, evitando l’anarchia delle sovranità soggettive, attualmente invocata e difesa anche da chi, almeno per ragioni di coerenza, dovrebbe combatterla».

Dina Nerozzi si è fermata a considerare alcuni Aspetti dell’ideologia del gender, definendola come «nuova frontiera dell’ideologia progressista».

L’ideologia di genere, ha affermato la dottoressa, «rappresenta il tentativo di cancellare le leggi della Biologia, della Genetica, delle Scienze Naturali, ritenute obsolete a fronte dell’avanzare della Tecno-scienza, e la loro sostituzione con artifici bio-giuridici inventati dall’uomo». È dunque un’ideologia «che dichiara guerra non solo alla natura ma anche alla scienza e utilizza il potere giudiziario per imporre una nuova visione del mondo e una precisa agenda politica di stampo totalitario». Ciò che ha favorito l’attecchimento di una mentalità come questa, secondo la Nerozzi è rappresentato dal «processo di secolarizzazione della società» al fine di «liberare le istituzioni, la cultura e la prassi dall’influenza nefasta della Chiesa considerata come fonte di superstizioni e pregiudizi intollerabili nell’era moderna». Attraverso un pregevole excursus storico la dottoressa ha mostrato le varie tappe di questo processo di decostruzione ideologia che parte da Descartes (1596-1650) con il suo “Cogito ergo Sum”, Locke (1632-1704) con la sua teoria della “Tabula Rasa” e Rousseau (1712-1778), passando per Malthus (1766-1834) «e le sue previsioni apocalittiche sul destino dell’umanità se non fosse stato posto un freno all’eccesso della natalità», Darwin con tutto il mondo post-darwiniano e Feud. Per arrivare fino alle sentenze della magistratura, come ultimo tassello per imporre anche nelle leggi ciò che per via “scientifica” aveva fino ad allora stentato.

Oggi, ha concluso Nerozzi, «stiamo assistendo alla devastazione di una civiltà plurimillenaria costruita sul Principio di Realtà oggettiva e al suo posto vediamo sorgere un’organizzazione artificiale e utopica della società che si materializza attraverso un’operazione di ingegneria sociale che riporta alla memoria il Faust di Goethe». Il tutto, «per seguire un’impostazione irrazionale dell’uomo che pretende di sostituirsi a Dio nel bene e nel male».

«Nel nuovo mondo secolarizzato la realtà non esiste, è la politica che decide cosa sia il bene e il male, il vero e il falso» per cui, nel caso del gender «si può scegliere il genere di appartenenza indipendentemente dal sesso biologico, perché non esiste una sessualità “naturale” mirata alla conservazione della specie e l’apparato genitale, perduta la sua funzione riproduttiva, serve solo a soddisfare le pulsioni sessuali». Nel «nuovo mondo la diversità va celebrata come una “virtù democratica” e un comportamento moralmente superiore così come si può programmare la fecondazione artificiale eterologa a spese di un Sistema Sanitario Nazionale al collasso che fa fatica a garantire le cure per i malati di cancro».

Il ritorno dei nuovi schiavisti è stato il tema affrontato da Tommaso Scandroglio che ha sottolineato come oggi la schiavitù sia tornata di moda. «Proprio perché vi sono esseri umani che difettando di alcuni requisiti sono qualificati meramente come beni materiali oggetto di proprietà di genitori, parenti e scienziati. Veri e propri schiavi che possono essere venduti, uccisi, usati per la ricerca». «Pensiamo all’aborto – ha detto il professore –. Per rimanere all’Italia dal 1978 ad oggi gli aborti legali – senza tener conto delle pillole abortive – sono circa 5.800.000». Bimbi come schiavi, «cose su cui si esercita un diritto di proprietà che non solo si possono distruggere ma anche usare» ad esempio «per la produzione della crema antirughe dei laboratori Neocutis ottenuta dalla pelle dei feti abortiti» o «per la commercializzazione di alcuni vaccini».  Alla Planned Parenthood, forse la più grande organizzazione al mondo dedita all’aborto di massa «vendevano cervello, muscoli, polmoni, fegato di feti adulti guadagnando dai 30 ai 100 dollari per ogni organo».

Ma il neoschiavismo si accentua, ricorda Scandroglio con la fecondazione in vitro e la maternità surrogata. La prima «proviene dalla zootecnia e l’uomo viene concepito, prodotto in vitro, crioconservato, esposto a rischio di morte elevata e, se nasce (siamo intorno al 7% di possibilità), i pericoli per la sua salute saranno molto seri». Dunque «selezionato, cioè scartato, se il prodotto è difettoso, come se fosse un pomodoro guasto». Come una cavia di laboratorio. Con tecniche alla base delle ricerche su clonazione, creazione di embrioni ibridi (embrioni in parte umani e in parte animali), ecc. La maternità surrogata, o utero in affitto, ricorda il docente, prevede che la gestazione sia portata avanti da una donna che non crescerà il bambino. Dunque «il bambino potrà avere sino a tre “mamme”: quella che ha fornito l’ovocita, quella che ha portato avanti la gravidanza e quella che lo crescerà» riducendo la donna «ad incubatrice di carne a pagamento e il bambino a prodotto da comprare». Tutto questo, specifica Sacandroglio, senza tralasciare l’eutanasia, ormai arrivata all’uscio di casa. Oltre agli anziani e ai disabili, ad esempio, «in Belgio anche i bambini possono essere uccisi legalmente».

Il presidente di ProVita Onlus, Toni Brandi, ha affrontato la parte pratica della mattinata illustrando anche un’iniziativa portata avanti con coraggio e determinazione. «Alla Camera – ha detto Brandi – è in discussione un ddl – testo unificato risultante da una serie di proposte più vecchie – sull’eutanasia, dal titolo di solo apparentemente innocuo: “Norme in materia di consenso informato e di dichiarazioni di volontà anticipate nei trattamenti sanitari” (DAT). Pro Vita Onlus ha lanciato una petizione per chiedere ai deputati di respingere il testo sulle DAT». Questo testo, ha spiegato l’imprenditore, «introduce in Italia l’eutanasia». Una lotta serrata contro l’approvazione di questo testo è l’idea di Brandi che ricorda come questo ddl «mette in discussione il diritto alla vita delle persone malate; violenta la coscienza del medico; trasforma in atti potenzialmente illeciti gli atti di sostegno vitale dovuti a tutti: il dar da mangiare e da bere. Infine, infrange il principio su cui si regge il convivere civile e pacifico di tutti i popoli: “non uccidere”».

Il convegno è stato introdotto anche da un breve intervento di don Shenan Boquet, presidente di Human Life International, giunto appositamente dagli Stati Uniti. «Come ha insegnato Giovanni Paolo II nell’Evangelium Vitae, oggi siamo chiamati a “reinsegnare” alle persone come amare la vita, come rispettare la vita, come difenderla e servirla». Il Papa, ha detto Boquet, «evidentemente si rendeva conto che c’era nel mondo questo bisogno. Che qualcosa, nel tempo, si era perduto». Nei suoi numerosi viaggi (don Boquet ha visitato oltre 70 paesi per diffondere la cultura della vita) si è reso conto che ovunque, anche nei paesi dove le radici cristiane sono più antiche, l’importanza e la centralità della famiglia e la stessa fede è in crisi e rischia di morire. «Anche in Italia – ha dichiarato – camminando per strada ho visto pochissimi bambini. Al contrario delle Filippine, dove ci sono bambini dappertutto e l’età media della popolazione è di diciannove anni». Allora, si è chiesto don Boquet, «come possiamo “reinsegnare”? a chi ci rivolgeremo? come faremo a cambiare la mentalità e i cuori?» Da qui l’appello di pensare all’impatto che ognuno di noi può avere sulla cultura sapendo che ognuno di noi è parte vitale di questa trasformazione. «Non importa quale sia la nostra vocazione o il nostro stato di vita – ha suggerito –. Oggi siamo chiamati ad entrare davvero in questa discussione».

Anche Don Francesco Giordano, che ha moderato le relazioni, ha fatto un appello alla formazione. «Chi vuole cercare di capire bene la radice del problema deve aumentare la propria conoscenza filosofica, soprattutto del pensiero di San Tommaso D’Aquino», rivolgendosi soprattutto a sacerdoti e seminaristi perché «lottino con la logica della verità». Spronando anche l’uditorio alla speranza: «Quando ci scoraggiamo davanti a situazioni ingiuste, dobbiamo ricordarci che ciò che è giusto, ciò che è vero e ciò che è eterno avrà l’ultima parola».

La testimonianza di Gianna Jessen ha riscosso numerosi applausi per la storia toccante di sofferenza che ha subito e insieme per il coraggio che ha dimostrato e che la spinge oggi a dare forza agli altri. «Sono sopravvista ad un aborto salino– ha raccontato – quando mia madre, diciassettenne, ha deciso di andare alla Planned Parenthood. Questo mi ha condizionato e mi condizionerà per il resto della mia vita». L’aborto salino consiste nell’iniettare nel ventre della donna incinta una sostanza allo scopo di bruciare e corrodere il bambino. che beve la sostanza mischiata al liquido amniotico. Il bimbo diventa prima cieco, gli vengono provocate ustioni e alla fine muore soffocato. Muore in 24 ore. «Io – ha detto Gianna –sono venuta alla luce viva, dopo 18 ore di questo trattamento. Di fatto sono nata in una clinica abortista». Gianna ora ha delle evidenti difficoltà motorie, ma un grande cuore. Ha spronato tutti i presenti ad avere coraggio e a difendere la vita.

Il convegno si è concluso con un lungo appassionato applauso degli oltre 300 partecipanti in memoria di Mons. Ignacio Barreiro Carambula, ex direttore di Vita Umana Internazionale, recentemente salito alla casa del Padre dopo una lunga lotta contro un difficile cancro intestinale. Strenuo difensore della vita, dal concepimento alla morte naturale, stimato e ammirato da tutti per la sua preparazione in campo bioetico, teologico e morale, amante della forma straordinaria del Rito Romano e punto di riferimento ecclesiale per la comunità di fedeli che ogni domenica si riuniva per la Santa Messa nella chiesa di San Giuseppe a Capo le Case a Roma. Autore di numerose pubblicazioni, ha lasciato in eredità a chi l’ha conosciuto e frequentato, l’amore per a liturgia e il Magistero della Chiesa, il coraggio di impegnarsi in prima persona, con preghiera e azione, in difesa dei valori non negoziabili, con generosità e dedizione, in particolare per i diritti di Dio, in una società secolarizzata che sembra averlo quasi del tutto dimenticato.

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