Diritto all’incesto: madre e figlio pronti al carcere
di Tommaso Scandroglio. Fonte www.lanuovabq.it
Monica Mares, una donna di 36 anni che vive a Clovis in New Mexico, partorì suo figlio Caleb quando aveva 16 anni. Caleb fu dato in adozione poco dopo. Passati 18 anni si ritrovano su Facebook e dopo un anno la donna va a trovare il figlio dal padre adottivo. Tra i due – così raccontano loro stessi al Daily Mail – scocca la scintilla. Gli esperti, che vogliono sempre ammantare le perversioni con nomi scientifici, battezzano questa forma di rapporto incestuoso come Genetic Sexual Attraction (GSA). Casi come questi compaiono sempre più spesso nei media: ne avevamo già parlato qualche mese fa anche noi su queste colonne.
Il morboso “idillio” tra i due termina presto perchè in New Mexico l’incesto è un reato e la coppia, finita davanti ad un giudice, rischia fino a 18 mesi di carcere. Per ora il tribunale ha vietato ai due infelici di vedersi. La coppia incestuosa ha quindi pensato bene di rendere nota a tutti la loro storia al fine di creare pressione mass mediatica sui giudici. L’intento è quello di vedersi riconosciuto un “diritto” all’attrazione sessuale tra genitori e figli. In breve puntano alla legalizzazione dell’incesto. Al di là dell’oceano la Corte europea dei diritti dell’uomo si era già pronunciata su un caso analogo nel 2012 che vedeva però coinvolti due fratelli che vivevano in Germania e aveva sentenziato che il reato di incesto previsto dall’ordinamento giuridico tedesco non lede nessun diritto fondamentale.
Prima di finire alla sbarra, il giovane Caleb aveva deciso di andarsene dalla casa del padre adottivo per stare con la madre-amante a casa sua, che in realtà è una roulotte. “La prima volta che ho incontrato mio figlio di persona – racconta Mares – ero così felice ed eccitata che gli ho dato un grosso abbraccio. E’ stato amore quasi a prima vista, ma inizialmente è stato amore di madre. Mi ha dato un abbraccio come quello che si dà ad una madre”.
Mares dopo Caleb diede alla luce altri nove fratellini i quali, al comparire sulla soglia di casa di Caleb, hanno iniziato a chiamarlo “papà”. La madre non ha dubbi: “E’ l’amore della mia vita e non voglio perderlo. I miei bambini lo amano, tutta la mia famiglia lo ama. Nulla può frapporsi tra noi, nè i tribunali, o la prigione, niente. Devo stare con lui”. Mares si è spinta fino a dire che rinuncerebbe ai propri nove figli pur di stare con lui.
Dopo qualche settimana che Caleb stava con lei, quest’ultima si accorse che tra i due stava nascendo qualcosa di diverso e questo perché, è lei stessa ad ammetterlo, non aveva potuto crescerlo come figlio. Era sua figlio biologicamente, ma non psicologicamente. Qui si è insinuato il germe della perversione. E’ la medesima distonia che troviamo nella teoria del gender o nell’omosessualismo. Il nato geneticamente maschio non è detto che si percepisca psicologicamente come tale e come tale si senta attratto dalle donne. Il dato di realtà è travolto dai sentimenti, dalle pulsioni e dalle emozioni.
Ed infatti Mares ammette: “Mi sentivo come se avessi incontrato qualcuno di nuovo nella mia vita e mi sono innamorata di lui”. La novità psicologica non si adegua alla realtà biologica, ma la supera. Caleb le fa eco: “Non l’ho mai vista realmente come mia madre”. Così come un transessuale potrebbe dire: “Non mi sono mai visto come maschio”.
La madre poi aggiunge: “Non ho mai pensato che avremmo avuto dei problemi. Siamo entrambi adulti consenzienti”. E’ il tasto dell’autodeterminazione tanto caro al mondo gay: se due persone dello stesso sesso possono avere relazioni omosessuali perché vietarlo a madre e figlio? Chi lo dice che madre e figlio non possano dimostrare in questo modo il loro “amore”? E più a monte: perché impedire a due persone – che accidentalmente sono madre e figlio – di amarsi come due fidanzati? Nessuno può porre barriere all’amore. Se “love is love”- e questo basta – perché etichettare l’ “amore” incestuoso come perverso? Chi può giudicare un’attrazione come buona ed una come sbagliata? Se questo vale per l’omosessualità deve valere anche per l’incesto.
Caleb poi fa un’affermazione che è anch’essa cara al pensiero gender, affermazione che nasce dalla considerazione che molti contestano la loro relazione: “Se fossero nella mia situazione […] allora direbbero l’esatto contrario”. E’ l’esperienzialismo: bisogna trovarsi al posto di colui il quale viene criticato per poter esprimere un giudizio corretto. E così parrebbe che occorre drogarsi per arrivare ad esprimere qualche giudizio di buon senso sulla droga.
Intorno al caso sono fioriti blog e forum e non tutti esprimono critiche. Cristina Shy è responsabile del sito www.lilysgardener.com che si batte perché tutti si possano sposare, senza limiti di “genere, numero e relazioni familiari”. Cristina, che vive un rapporto incestuoso con il fratello, non ha peli sulla lingua: il fenomeno dell’incesto “ha bisogno di essere portato all’attenzione di tutti nel paese e la gente ha bisogno di iniziare a pensare in modo diverso. Pochi anni fa è capitato lo stesso con le persone omosessuali e ora possono sposarsi. Beh, perché questo non è permesso alle persone consanguinee come noi? Siamo tutti adulti. Noi non siamo pedofili, non c’è nessun problema in casa, siamo innamorati, vogliamo stare insieme”. Cristina sta raccogliendo fondi per trovare un avvocato in gamba che porti il caso fin alla Corte suprema. E’ la stessa musica che abbiamo ascoltato per l’aborto nel caso Roe vs Wade e per il “matrimonio” gay nel caso Obergefell vs Hodges. Ora i giudici dovranno decidere su questo punto così ben messo in evidenza dal figlio Caleb: “L’intero caso verte sul quesito se ho il diritto di amare qualcuno e io – sicuro come l’inferno – ho il diritto di amare Monica. Nessuno mi puoi dire chi amare, chi non amare”.
Caleb e Monica alla fine sono solo due poveri disturbati che vengono usati come teste d’ariete per legalizzare l’incesto. Gli utili idioti che un giorno verranno ricordati come eroi coraggiosi di questa nuova battaglia per il “diritto civile” all’incesto, al sesso senza più limiti di rapporti di parentela.