Riscoprire la paternità: Il ruolo insostituibile di un padre
Di Don Shenan J. Boquet
“Uomini, non esitate a impegnarvi nella battaglia che sta imperversando intorno a voi, la battaglia che sta colpendo i nostri figli e le nostre famiglie, la battaglia che sta snaturando la dignità delle donne e degli uomini. Questa battaglia è spesso nascosta, ma è reale. È innanzitutto spirituale, ma sta progressivamente distruggendo quel che resta dell’etica cristiana nella nostra società e nella cultura, e persino nelle nostre stesse case” – Mons. Thomas Olmsted, Vescovo di Phoenix, Into the Breach (“Nella breccia” Esortazione Apostolica, traduzione nostra)
Non c’è bisogno di dirvi che la nostra cultura sia irrimediabilmente confusa su tutto ciò che ha riguarda la sessualità e il genere. Come ha dimostrato in modo molto convincente, l’opinionista conservatore Matt Walsh, nel suo documentario di recente diventato virale su Twitter, c’è un numero crescente di persone che non sa rispondere a una semplice domanda come “Che cos’è una donna?”.
Ma non c’è confusione solo riguardo la femminilità. La nostra cultura è lacerata da dibattiti e messaggi contrastanti sulla natura della “vera” virilità e della “vera” paternità.
Da un lato ci sono messaggi che sostengono che la “vera” virilità trovi la sua espressione in un’androginia esasperata, fondata sull’idea che qualsiasi espressione di tratti tradizionalmente “maschili” sia fondamentalmente “tossica”. Dall’altro lato, si trovano messaggi che dicono che un “vero” uomo debba sempre apparire e comportarsi come lo stereotipo dell’eroe d’azione: fisicamente forte, emotivamente bloccato e nel perenne bisogno di imporre il suo dominio per dimostrare la sua mascolinità.
Non sorprende che, data la nostra confusione sulla natura della virilità, siamo anche irrimediabilmente confusi sulla paternità. In nessun altro luogo se ne trova una prova più evidente che nelle nostre opere di intrattenimento popolare.
Quante pellicole o serie televisive avete visto in cui il padre è rappresentato come il bersaglio di scherzi o come il cattivo di turno? Nel migliore dei casi, viene mostrato come debole, incapace e indifeso: motivo di imbarazzo per i figli, che stentano a credere alla sua incapacità, e una perenne delusione per la moglie, costretta continuamente a ridimensionare le sue già basse aspettative.
Nel peggiore dei casi, tuttavia, il padre è ritratto come cattivo: qualcuno che provoca una profonda sofferenza alla moglie e ai figli con la sua presenza prepotente e soffocante, talvolta ricorrendo anche alla violenza. Un padre di questo tipo è in casa una presenza glaciale, che schiaccia la personalità dei figli e impone la sua volontà alla moglie, incurante dei suoi bisogni o desideri.
La parabola del Padre misericordioso
Sì, è vero che al mondo ci sono padri cattivi e inevitabilmente (e comprensibilmente) le nostre opere di intrattenimento ritraggono alcuni di essi. Tuttavia, a volte sembra che chi opera nella cultura non riesca nemmeno a immaginare come potrebbe essere un buon padre. Non riescono a concepire una storia in cui il padre non sia la fonte del dolore o della discordia, ma sia piuttosto la presenza che dà l’amore e il sostegno che la moglie e i figli desiderano.
Ai Cristiani viene naturale consultare le Scritture quando si sentono confusi. Da un lato, è vero che nella miriade di storie che si trovano nelle Scritture troviamo alcune rappresentazioni di padri imperfetti che feriscono i loro figli o sbagliano in vari modi. Si tratta di racconti ammonitori che ci sono stati dati dagli autori biblici. Tuttavia, troviamo anche alcune delle più belle rappresentazioni della paternità che si possano trovare in qualsiasi altra letteratura.
Credo che sia giusto dire che la più bella di tutte le storie della Scrittura, quella di cui c’è più bisogno nella nostra cultura contemporanea, sia la parabola del figliol prodigo. Naturalmente, Gesù ha raccontato questa parabola per illustrare l’amore che Dio Padre ha per noi. Tuttavia, poiché Dio Padre è l’emblema della paternità stessa, ogni padre può e dovrebbe meditare spesso su questa parabola.
Tutti conosciamo i punti fondamentali della storia e quindi non starò a ripeterli. Tuttavia, in un’udienza del 1999, Papa Giovanni Paolo II, meditando sulla storia, osservò che quella che noi chiamiamo la parabola del “figliol prodigo”, in realtà dovrebbe essere chiamata la parabola del “padre misericordioso”. E questo perché è il padre, non il figlio, il vero protagonista della storia.
In questa storia, “l’atteggiamento di Dio è presentato in termini davvero sconvolgenti rispetto ai criteri e alle attese dell’uomo”, ha detto Papa San Giovanni Paolo II.
Guardato con occhi umani, il figlio minore si meritava tutto quello che aveva ricevuto. Il suo comportamento costituiva un’infrazione totale alle aspettative sociali e morali dell’epoca, in cui ci si aspettava che i figli vivessero in casa e lavorassero per il padre fino alla sua morte, e dopo poi ricevere l’eredità, dopo una vita passata a servire.
“L’allontanamento dalla casa paterna ben esprime il senso del peccato, con il suo carattere di ingrata ribellione e i suoi esiti anche umanamente penosi”, ha osservato Papa San Giovanni Paolo II. “L’umana ragionevolezza, espressa in qualche modo nella protesta del fratello maggiore, avrebbe consigliato la severità di un’adeguata punizione, prima di una piena reintegrazione nella famiglia”.
Eppure, il padre mette da parte tutto questo, privilegiando la compassione amorevole rispetto a una punizione legalistica. “La pura legalità viene superata dal generoso e gratuito amore paterno”, ha affermato Papa San Giovanni Paolo II, “che supera la giustizia umana e convoca ambedue i fratelli a sedersi ancora una volta alla mensa del padre”.
Il Santo Padre ha concluso la sua meditazione:
“Il Padre misericordioso che abbraccia il figlio perduto è l’icona definitiva del Dio rivelato da Cristo. Egli è anzitutto e soprattutto Padre. È il Dio Padre che stende le sue braccia benedicenti e misericordiose, attendendo sempre, non forzando mai nessuno dei suoi figli. Le sue mani sorreggono, stringono, danno vigore e nello stesso tempo confortano, consolano, accarezzano”. (Giovanni Paolo II Udienza generale, 8 settembre 1999).
Il paradosso della forza
Come già detto, il nostro mondo moderno guarda agli uomini e ai padri con sospetto. O sono dipinti come irrimediabilmente deboli o, se sono forti, lo sono in modo crudele: la loro forza si traduce infatti nell’esercizio di un potere brutale nei confronti dei membri della propria famiglia.
Il “padre misericordioso” della parabola non è un debole. È un uomo potente: un ricco proprietario terriero. Il suo comportamento nel corso della parabola fa pensare a un uomo che sa il fatto suo. Comanda ai suoi servi ed essi gli obbediscono. Quando il figlio maggiore si lamenta, gli spiega in modo deciso il suo punto di vista e invita il figlio maggiore a vedere le cose nella sua prospettiva.
Tuttavia, la sua forza non è una forza che opprime qualcuno. In questo è essenzialmente simile a Cristo. Infatti, un messaggio fondamentale nell’insegnamento di Cristo è che il potere che si esprime nel dominio è paradossalmente un potere debole. La vera forza consiste nell’avere potere e nel scegliere di usarlo solo al servizio degli altri.
“Gesù, chiamatili a sé, disse: ‘I capi delle nazioni, voi lo sapete, dominano su di esse e i grandi esercitano su di esse il potere. Non così dovrà essere tra voi; ma colui che vorrà diventare grande tra voi, si farà vostro servo, e colui che vorrà essere il primo tra voi, si farà vostro schiavo; appunto come il Figlio dell’uomo, che non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la sua vita in riscatto per molti’.” (Matteo 20:25-28).
Questo è il paradosso del vero potere, espresso in modo assai memorabile da San Paolo, quando scriveva: “Perciò mi compiaccio nelle mie infermità, negli oltraggi, nelle necessità, nelle persecuzioni, nelle angosce sofferte per Cristo: quando sono debole, è allora che sono forte” (2 Corinzi 12:10).
In nessun luogo questo paradosso è espresso in modo più potente che nell’immagine di Cristo sulla croce. C’è Cristo, il Dio incarnato che ha assicurato ai Suoi discepoli di poter comandare istantaneamente a dodici legioni di angeli di venire in Suo aiuto (Matteo 12:26), appeso a una croce, completamente soggetto al potere altrui. Eppure, è proprio questo atto di abnegazione, di apparente impotenza, a rivelarsi il più grande atto di potere mai compiuto nella storia dell’umanità. È l’atto perfetto di amore supremo che stravolge tutto, che salva l’intera umanità.
La nostra crisi della paternità
Sono innumerevoli i segnali indicano che stiamo vivendo una crisi della paternità. Negli Stati Uniti, milioni di bambini vivono senza un padre presente in casa. Tragicamente, le ricerche dimostrano che i bambini provenienti da famiglie disastrate hanno statisticamente più probabilità di divorziare o di avere figli fuori dal matrimonio, perpetuando così il circolo vizioso della mancanza di un padre.
Tuttavia, una delle cose bizzarre della nostra cultura è che, pur nel suo disprezzo della virilità e della paternità, esiste un’enorme quantità di prove scientifiche inconfutabili che dimostrano che la semplice presenza di un padre in casa può fare la differenza per i suoi figli. I bambini che crescono in famiglie disastrate hanno molte più probabilità di patire la povertà, avere uno scarso rendimento scolastico, avere figli fuori dal matrimonio, assumere sostanze varie, soffrire di depressione e così via.
E così, anche se la nostra cultura denigra gli uomini e i padri definendoli “tossici”, stiamo acquisendo sempre maggiori prove dell’importanza fondamentale della loro presenza.
Anche se, a dire il vero, forse il nostro risentimento culturale deriva in parte dai fallimenti autentici di tanti padri. Non si può fare a meno di chiedersi, per esempio, quanto la nostra confusione sull’identità di genere derivi anche dalla preponderanza dei divorzi e delle famiglie monoparentali. Molti dei nostri figli non hanno mai visto come potrebbe essere una sana virilità o paternità. Il loro ricordo principale del padre potrebbe essere quello del padre che un giorno esce di casa e non torna più.
Non c’è da stupirsi che anche la fede religiosa sia in calo. Se la Bibbia ci insegna che Dio è nostro Padre e la nostra unica esperienza di paternità è un’esperienza di abbandono, allora perché dovremmo volere qualcosa a che fare con Dio? Se ci rivolgiamo a Dio e dipendiamo da lui come padre, saremo solo delusi, come lo siamo stati dai nostri padri terreni.
Padri: Siate forti, come è forte Cristo
Nel mezzo di questa crisi, c’è un enorme bisogno di uomini che reagiscano e che curino le ferite causate dall’assenza del padre vivendo una paternità modellata sulla paternità di Dio Padre.
La nostra cultura continuerà a discutere all’infinito sulla natura della “vera” virilità e paternità. Personalmente, non mi aspetto che la maggior parte di questi dibattiti, spesso altamente ideologici e politicizzati, porti a qualcosa di buono.
Abbiamo invece bisogno di uomini che tornino alle Scritture e si rimettano in contatto con la semplicità fondamentale dell’autentica paternità, della vera guida, della forza genuina. Troviamo tutto questo espresso magnificamente nella parabola del Padre misericordioso (detta del figliol prodigo). Lo vediamo anche nelle brevi ma suggestive rappresentazioni di San Giuseppe, il più tranquillo degli eroi della Scrittura, la cui forza non si esprime in gesti grandi o in risultati eclatanti, ma piuttosto in una tranquilla, umile e ferma obbedienza alla volontà del Padre celeste e in un’incrollabile fedeltà nel suo amore per la Santa Vergine e per Cristo.
Nei miei viaggi in giro per il mondo, ho incontrato più famiglie di quante ne ricordi. E nonostante l’innegabile crisi della paternità, e contrariamente ai messaggi che si trovano nei nostri programmi di intrattenimento popolare, quello che ho scoperto è che la maggior parte dei padri sono, in realtà, buoni padri. Amano i loro figli. Sono fedeli alle loro mogli. Si sacrificano silenziosamente ogni giorno per sostenere la famiglia. Si impegnano con il cuore e l’anima per il benessere dei figli, gioendo dei loro successi e sentendo le loro lotte come proprie.
Tuttavia, ciò che distingue molti di loro è che non attirano l’attenzione su di loro. Non celebrano il loro eroismo. Semplicemente si svegliano ogni giorno e si dedicano con spirito di servizio alla moglie e ai figli. A molti, guardando da fuori, questo non appare come espressione di forza. Ma la moglie e i figli di un uomo così conoscono la verità. Un padre del genere può essere tranquillo, gentile, senza pretese e umile, eppure è un pilastro della casa.
È abbastanza saggio da sapere che la forza non è nel dominare, ma nell’amare: l’amare nel modo oblativo, generoso e incondizionato del padre misericordioso. Il padre che è così centrato su qualcosa di più grande di lui, che è in grado di dare senza pensare al costo. Ha la forza di Cristo: la forza di resistere alle tentazioni del potere e di abbracciare invece il servizio come stile di vita.
Allora contrastiamo i messaggi tossici dei media e celebriamo uomini come questi. L’autentica paternità può assumere molte forme, ma al suo centro ci devono essere l’amore e la fedeltà simili a quelle di Cristo. Molti dei problemi del nostro mondo sarebbero risolti se solo potessimo aiutare i nostri giovani uomini a vedere e comprendere la natura della vera paternità, a spezzare il circolo vizioso provocato della mancanza di un padre e a trovare il profondo appagamento che deriva dalla forza usata per servire.