Il riconoscimento legale del “matrimonio” tra persone dello stesso sesso

Di Don Shenan J. Boquet

(Link originale in inglese)

“In presenza del riconoscimento legale delle unioni omosessuali, oppure dell’equiparazione legale delle medesime al matrimonio con accesso ai diritti che sono propri di quest’ultimo, è doveroso opporsi in forma chiara e incisiva. Ci si deve astenere da qualsiasi tipo di cooperazione formale alla promulgazione o all’applicazione di leggi così gravemente ingiuste nonché, per quanto è possibile, dalla cooperazione materiale sul piano applicativo. In questa materia ognuno può rivendicare il diritto all’obiezione di coscienza” (Congregazione per la Dottrina della Fede, Considerazioni circa i progetti di riconoscimento legale delle unioni tra persone omosessuali, 5).

Il buon senso suggerisce che, in una democrazia, un cambiamento giuridico importante dovrebbe di solito essere la conseguenza di un cambiamento nell’opinione pubblica. In altre parole, più le persone sostengono una nuova idea, più è probabile che eleggano politici che la portino avanti e maggiore è la possibilità che questi politici a loro volta presentino e votino a favore di una legge che la attui.

Il risultato concreto di questa prospettiva è che se si vuole ottenere un cambiamento politico, bisogna innanzitutto concentrarsi sul cambiamento della mentalità delle persone.

Tuttavia, gli attivisti progressisti, da tempo, sanno e sfruttano il fatto che può essere vero anche il contrario, ossia: a volte è più efficace perseguire prima il cambiamento politico, nella speranza che, una volta cambiata la legge, l’opinione pubblica si adegui.

Il metodo da loro scelto per realizzare ciò è stato quello di rivolgersi ai tribunali. Sebbene in teoria i tribunali sussistano solo per interpretare le leggi esistenti, l’esperienza dimostra che a volte è possibile trovare un giudice, o un gruppo di giudici, disposti a “interpretare” così radicalmente la legge esistente che le loro decisioni equivalgono di fatto alla promulgazione di leggi completamente nuove.

Don Shenan J. Boquet – Presidente di Human Life International

L’attivismo giuridico della Roe

Uno dei casi più eclatanti di questo tipo di attivismo giuridico è stato quello della sentenza Roe vs. Wade, attraverso la quale la Corte Suprema degli Stati Uniti si è arrogata un’autorità che non aveva e ha “scoperto” un inesistente “diritto” all’aborto nella Costituzione degli Stati Uniti.

Secondo qualsiasi ragionevole interpretazione della Costituzione, una questione così importante come l’aborto sarebbe dovuta passare attraverso la legislazione degli Stati Uniti. Invece, nel 1973 un gruppo di sette giudici non eletti ha emesso una sentenza che ha annullato unilateralmente le leggi a favore della vita in numerosi Stati e ha dato il via a cinque decenni di sterminio legalizzato dei bambini, che ha portato a oltre 60 milioni di aborti. E lo hanno fatto basandosi sulla ridicola idea che la Costituzione – scritta e promulgata dai Padri Fondatori degli Stati Uniti che avrebbero trovato tutti ripugnante il solo pensiero dell’aborto – in qualche modo includesse in modo implicito questo “diritto”.

I giudici e gli attivisti per l’aborto che si erano impegnati in favore dell’emanazione della sentenza Roe speravano che, anche se il popolo americano non fosse allora favorevole all’aborto legale, sarebbe arrivato ad accettarlo una volta legalizzato dalla Corte Suprema.

Questa speranza non era infondata. Gli psicologi parlano di una cosa chiamata “pregiudizio dello status quo. Ciò che questo pregiudizio suggerisce è che le persone tendono a preferire che le cose rimangano così come sono, piuttosto che “smuovere le acque” per ottenere un cambiamento che comporta un grande impegno, e che (temono) possa portare a spiacevoli e indesiderate conseguenze. Nel provocare un cambiamento sociale radicale attraverso i tribunali, i progressisti hanno sfruttato il pregiudizio dello status quo, presumendo che il popolo americano e i legislatori non avrebbero raccolto le forze necessarie per opporsi alla decisione della Corte.

Poi, naturalmente, c’è il crudo dato della perdita di sensibilità. Se le persone possono avere un’avversione innata per una cosa come l’aborto, una volta che questo diventa onnipresente perché legale, è probabile che col tempo si desensibilizzino e perdano gran parte del sentimento della loro avversione.

Come ora sappiamo, tuttavia, la storia di Roe vs. Wade non si è conclusa il 22 gennaio 1973. Sebbene un tempo potesse sembrare che la Roe fosse davvero una “legge consolidata”, in realtà l’opinione pubblica non si è mai adeguata al comodo consenso che gli attivisti pro-aborto auspicavano. Invece, nell’arco di cinque decenni, gli attivisti pro-vita hanno resistito con enorme energia al pregiudizio dello status quo. Con uno sforzo massiccio, hanno mantenuto vivo lo spirito di giustizia, infiammando e alimentando la coscienza della nazione.

Il risultato è stato che non molto tempo fa, il 24 giugno, la Corte Suprema degli Stati Uniti ha annullato la farsa legale della Roe. L’opinione della maggioranza del giudice Alito, che ha ribaltato la Roe, ha semplicemente ratificato quello che molti studiosi di diritto – sia pro-vita che pro-aborto – avevano sempre saputo: che il “ragionamento” giuridico della Roe era poco più di una foglia di fico per coprire un caso di nudo attivismo giuridico; che qualsiasi argomentazione che scoprisse un “diritto” all’aborto nella Costituzione degli Stati Uniti era così inconsistente, che era solo questione di tempo prima che una successiva Corte Suprema smascherasse l’assurdità della decisione e rimandasse la questione al legislatore.

Attivismo giuridico e “matrimonio” tra persone dello stesso sesso

Sulla scia della sentenza della Corte nella causa Dobbs vs. Jackson Women’s Health Organization, i progressisti hanno iniziato a farsi prendere dal panico.

Quella che un tempo sembrava una strategia di ferro – perseguire un cambiamento radicale attraverso i tribunali – si è rivelata tutt’altro che tale. La questione dell’aborto, che una volta si pensava risolta, oggi è molto incerta. Le legislature di tutto il Paese sono coinvolte in accesi dibattiti su come gestire questo tema così controverso. In molti Stati l’aborto è ormai completamente illegale.

Il problema per i progressisti è che questa non è l’unica questione su cui hanno seguito questa strategia. Oltre all’aborto, forse il caso recente più eclatante in cui la Corte Suprema degli Stati Uniti ha calpestato i principi fondamentali della democrazia e inventato “diritti” che non si trovano da nessuna parte nella Costituzione degli Stati Uniti, è la questione del “matrimonio” omosessuale.

Nel 2015 la Corte Suprema degli Stati Uniti ha emesso la sentenza Obergefell vs. Hodges, che ha legalizzato il “matrimonio” tra persone dello stesso sesso a livello nazionale. In quella sentenza la Corte ha stabilito che il “matrimonio” tra persone dello stesso sesso è garantito dalla Clausola del giusto processo (Due Process Clause) e dalla Clausola di uguale protezione (Equal Protection Clause) del Quattordicesimo Emendamento della Costituzione degli Stati Uniti.

Può essere difficile ricordarsene sette anni dopo, ma quando la Corte ha emesso la sentenza Obergefell, il Paese era radicalmente diviso sulla questione del “matrimonio” tra persone dello stesso sesso. Sebbene alcuni Stati avessero legalizzato tale pratica, numerosi altri Stati avevano approvato risoluzioni, leggi ed emendamenti costituzionali che definivano il matrimonio come l’unione di un uomo e una donna. Tra questi c’era anche la liberale California, che nel 2008 aveva approvato la cosiddetta “Proposition 8”, che vietava il “matrimonio” tra persone dello stesso sesso, con un referendum a livello statale!

A livello federale era in vigore il Defense of Marriage Act (DOMA), una legge federale approvata nel 1996 e firmata dal presidente Bill Clinton. Questa legge federale stabiliva che, indipendentemente dalle leggi dei singoli Stati, ai fini federali i “matrimoni” tra persone dello stesso sesso non erano riconosciuti.

Nel 2015, tuttavia, la Corte Suprema degli Stati Uniti ha ancora una volta cancellato unilateralmente i vari sforzi legislativi, stabilendo con la sentenza Obergefell che il “matrimonio” tra persone dello stesso sesso è un diritto costituzionale.

Il Congresso si appresta a legalizzare il “matrimonio” omosessuale?

Nel suo parere favorevole sulla sentenza Dobbs v. Jackson Women’s Health Organization, il Giudice Clarence Thomas ha specificamente indicato Obergefell come uno dei numerosi casi basati su considerazioni di “giusto processo” che la Corte dovrebbe “riconsiderare”, alla luce della decisione di ribaltare la Roe.

Gli attivisti e i legislatori LGBT hanno reagito con preoccupazione all’osservazione di Dobbs e del giudice Thomas sulla Obergefell. Se si è potuta ribaltare la Roe, allora nulla impedisce che anche la Obergefell e altre sentenze simili, come la Griswold vs. Connecticut (1965), che ha scoperto un “diritto” alla contraccezione, e la Lawrence vs. Texas (2003), che ha scoperto un “diritto” agli atti sessuali tra persone dello stesso sesso, facciano la fine della Roe.

Come risposta, i legislatori democratici hanno presentato il disegno di legge HR 8404, intitolato, in modo fuorviante, Respect for Marriage Act. Lungi dal “rispettare” il matrimonio, questa legge federale abrogherebbe formalmente il Defense of Marriage Act, che ufficialmente rimarrebbe in vigore, anche se non applicato a causa della Obergefell. Inoltre, sancirebbe formalmente il “matrimonio” tra persone dello stesso sesso.

In questo caso, tuttavia, sembra che la tattica progressista di usare i tribunali per introdurre cambiamenti sociali radicali possa dare i suoi frutti. Da quando la Corte Suprema ha emesso la sentenza Obergefell nel 2015, il sostegno pubblico al “matrimonio” omosessuale ha continuato a salire. Secondo recenti sondaggi, il sostegno pubblico potrebbe ora raggiungere il 70%.

Una conseguenza di questo, è che mentre un tempo i parlamentari repubblicani si opponevano in modo deciso al “matrimonio” tra persone dello stesso sesso, ora molti sono disposti a votare nell’altra direzione. Il 19 luglio, la Camera degli Stati Uniti ha votato l’approvazione del disegno di legge HR 8404. Il risultato è stato 267 a 157, con tutti i democratici che hanno votato a favore della legge, così come 47 repubblicani, tra cui 14 rappresentanti “cattolici”.

Al Senato le cose sono meno certe. Il capo della maggioranza in Senato, Chuck Schumer, ha dichiarato che sta lavorando per trovare abbastanza voti repubblicani per garantire che la legge passi anche al Senato. Finora alcuni senatori repubblicani hanno espresso il loro sostegno al disegno di legge, il che significa che sembra probabile che il Congresso presto inserirà il “matrimonio” omosessuale nell’ordinamento giuridico.

Chiamate il vostro senatore

In primo luogo, la valutazione etica o morale di una questione non si basa sui sondaggi o sull’opinione pubblica, bensì su valori e principi. La concezione tradizionale del matrimonio tra un uomo e una donna si basa sulla legge naturale e ha una propria natura legittima e identità. Non è un’invenzione dello Stato né della Chiesa Cattolica.

La Chiesa, come praticamente ogni religione e cultura da millenni, riconosce l’importanza unica del matrimonio come unione di un uomo e una donna e sostiene questa istituzione naturale. La dottrina cattolica è chiara: solo l’unione tra un uomo e una donna può costituire un matrimonio e i figli hanno il diritto di essere cresciuti dalla madre e dal padre. Negare questo significa voltare le spalle alla realtà. Perché? Innanzitutto, solo un uomo e una donna possono procreare, accogliendo una nuova vita attraverso la loro unione (l’atto coniugale). Esiste una profonda complementarità naturale tra un uomo e una donna che li predispone ad accogliere una nuova vita e a crescere i figli. In secondo luogo, senza di essa – cioè il matrimonio e la famiglia – nessuna società può esistere o prosperare. È la prima cellula della società da cui lo Stato trae la sua esistenza. Per questo motivo, legalizzare il “matrimonio” omosessuale sarebbe una farsa, qualcosa di molto dannoso per la società e il bene comune.

La legalizzazione del “matrimonio” omosessuale è uno degli esperimenti sociali più radicali della storia dell’umanità. Come predetto a lungo dai difensori del matrimonio, la sua legalizzazione ha avuto ogni sorta di conseguenze deleterie. È diventato normale, ad esempio, che le coppie omosessuali ricorrano a pratiche assurde e disumane come l’inseminazione artificiale, la fecondazione in vitro (FIVET) e la maternità surrogata per mettere al mondo dei figli (mercificando la riproduzione e trattando i bambini come una proprietà). È il caso, ad esempio, del commentatore “conservatore” Dave Rubin, un uomo omosessuale che ha stipulato un contratto con due madri surrogate per mettere al mondo due figli per lui e il suo compagno.

Come ha scritto la Congregazione per la Dottrina della Fede nel suo documento del 2003 sulla questione del “matrimonio” omosessuale:

“Nelle unioni omosessuali sono del tutto assenti quegli elementi biologici e antropologici del matrimonio e della famiglia che potrebbero fondare ragionevolmente il riconoscimento legale di tali unioni.

Esse non sono in condizione di assicurare adeguatamente la procreazione e la sopravvivenza della specie umana. L’eventuale ricorso ai mezzi messi a loro disposizione dalle recenti scoperte nel campo della fecondazione artificiale, oltre ad implicare gravi mancanze di rispetto alla dignità umana, non muterebbe affatto questa loro inadeguatezza”. (Congregazione per la Dottrina della Fede, Considerazioni circa i progetti di riconoscimento legale delle unioni tra persone omosessuali, 7).

Queste pratiche sottraggono deliberatamente i bambini ai loro genitori biologici, mercificano la procreazione e riducono le donne a semplici “contenitori” di bambini per altri che li hanno “acquistati”. Eppure, tutto questo viene in qualche modo accettato come “normale”.

La legalizzazione del “matrimonio” omosessuale ha portato anche alla chiusura di numerose agenzie di adozione confessionali, costrette a scegliere tra la fedeltà agli insegnamenti della loro fede e continuare ad aiutare i bambini. Ha eroso i diritti della coscienza ovunque, facendo pressione su numerose persone impiegate in aziende, scuole, uffici governativi e così via, affinché si adeguassero o se ne andassero via. L’ideologia del “Pride” si trova ormai ovunque, anche nei divertimenti dei nostri figli e persino nelle scuole cattoliche.

Inoltre, abbiamo visto le conseguenze di vasta portata della negazione della complementarità sessuale, con la rapida ascesa dell’ideologia transessuale. I difensori del matrimonio avevano da tempo lanciato l’allarme che negare i dati fondamentali della biologia e riscrivere e ridefinire unilateralmente la natura del matrimonio sarebbe stato solo l’inizio. Ora ci troviamo ad affrontare una devastante reazione a catena, mentre il movimento LGBT si insinua nelle nostre strutture sociali, pretendendo l’adesione a idee sempre più radicali, compresa l’idea che gli uomini possano rimanere incinti o che le donne possano avere genitali maschili.

La Chiesa Cattolica ci insegna che dobbiamo sempre rispettare le persone omosessuali. Abbiamo infatti il dovere di amare i nostri fratelli e sorelle con un amore simile a quello di Cristo, indipendentemente dal loro orientamento sessuale o stile di vita.

Tuttavia, il “matrimonio” omosessuale è un esperimento sociale errato che ci è stato imposto da un tribunale ideologizzato. Sulla scia di questo nuovo sforzo per cementare lo status del “matrimonio” omosessuale nella legge, dobbiamo resistere. Come ha scritto la Congregazione per la Dottrina della Fede nel 2003, per i cattolici “è doveroso opporsi in forma chiara e incisiva” alle leggi che legalizzano il “matrimonio” omosessuale. Per questo motivo, negli Stati Uniti, abbiamo incoraggiato le persone dicendo “Prendetevi il tempo per chiamare o scrivere al vostro senatore oggi stesso, dicendogli di votare contro il disegno di legge HR 8404. E se il vostro rappresentante ha votato a favore dell’HR 8404, contattatelo e mostrategli il vostro disappunto”.

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