La difesa integrale della vita
Di Mons. Ignacio Barreiro Carámbula †
In occasione della prossima Giornata per la Vita (domenica 6 febbraio 2022) pubblichiamo un vecchio articolo del fondatore dell’ufficio di Roma di Vita Umana Internazionale, che mantiene inalterata la sua validità. Buona lettura!
Nella difesa della vita, la lotta contro l’aborto è emblematica, per questo siamo impegnati nell’abrogazione delle leggi o delle decisioni giudiziarie che permettano anche un solo aborto. Ma dobbiamo guardare oltre, per proteggere integralmente l’intera vita umana dall’inizio fino alla morte naturale. Infatti, la stessa logica di dominio sulla vita che porta all’aborto conduce all’eutanasia, al suicidio assistito, alla contraccezione e alla fecondazione artificiale. Chi pretende di decidere sulla vita o sulla morte del bambino che porta in grembo, potrà anche considerarsi legittimato a prendere questa decisione su una persona in fin di vita o minorata di cui egli ha tutela legale.
Nessuno è proprietario della propria vita, dunque, nessuno ha diritto di chiedere l’eutanasia o il suicidio assistito. Nessuno ha diritto di giudicare se la vita di una persona umana è una “vita indegna di essere vissuta” e come conseguenza possa essere eliminata. La vita è proprietà del Creatore, solo Lui può deciderne il tempo del suo inizio e della sua fine; non è ammissibile né l’aborto, né l’eutanasia, né il suicidio, né l’assistenza al suicidio, né alcuna forma di fecondazione artificiale nella quale la coppia o i medici decidono il tempo dell’inizio della vita.
Dobbiamo tutelare la famiglia che è la culla della vita e incoraggiare la generosità con la vita in questi tempi d’inverno demografico, sapendo anche che una delle cause della deriva verso l’eutanasia è il crollo delle nascite. Dobbiamo garantire ai bambini i loro diritti naturali di nascere in una famiglia stabile costituita da un uomo e una donna, e di essere concepiti in modo naturale.
Recentemente una società sempre più immorale e antinaturale tramite il divorzio civile ha trasformato l’istituzione indissolubile del Matrimonio in dissolubile; colpa delle cangiati maggioranze delle democrazie contemporanee, come ha denunciato con fermezza Giovanni Paolo II. Non c’è molta differenza fra un matrimonio con divorzio e un’unione basata sulla mera convivenza. Si pretende poi di dare riconoscimento legale alla libera convivenza e aprire la porta a qualsiasi tipo di relazione antinaturale come l’unione di persone dello stesso sesso o anche unioni poligamiche.
La lotta per proteggere la vita è intimamente legata all’accettazione o al rifiuto di Cristo. Giovanni Paolo II nella Centesimus annus, dimostra come una società non può vivere senza Dio nel nulla dell’ateismo; al contrario, il Regno di Dio deve avere un effetto concreto nella vita delle società temporali illuminandole e penetrandole con le energie della Grazia.
Alla luce di questi principi possiamo comprendere la gravità della legge 194 del 22 maggio 1978, chiamata, “Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza”, e della legge 40 del 19 febbraio 2004 denominata “Norme in materia di procreazione medicalmente assistita”. Non possiamo essere d’accordo con chi sostiene che si deve cercare una corretta applicazione della legge 194 per limitare il numero di aborti. Questa legge è segnata da una totale equivocità fin dal suo primo articolo, che afferma “La Repubblica …tutela la vita umana fin dal suo inizio”. Ma chi tra i difensori di questa legge è disposto a definire l’inizio della vita con il suo inizio biologico? Si può cercare di limitare i danni causati da questa legge in conformità con quanto stabilito nel p. 73 dell’Evangelium vitae, ma mai si possono accettare le basi ideologiche sulle quali essa poggia.
La legge che introduce la fecondazione omologa è frutto di una visione nella quale gli uomini credono che tutto sia loro possibile e lecito. Mentalità dietro cui si intravede la vecchia tentazione demoniaca per cui i nostri primi genitori pensavano di poter essere come Dio e diventare Signori del creato, invece di accettare il fatto di essere semplici amministratori di una realtà che è stata loro affidata per il breve tempo della vita terrena.
Questa legge è animata da una concezione per cui i figli non sono visti come un dono di Dio, ma come un diritto; tale mentalità di dominio sulla vita è un grave male in sé stesso e per le sue conseguenze, cioè la morte di migliaia d’esseri umani neo-concepiti, perché un’alta percentuale dei figli fabbricati in provetta, più dell’ottanta per cento, è rigettata dal grembo della donna.
Esiste una connessione tra il significato unitivo e il significato procreativo dell’atto coniugale che l’uomo non può mai rompere. Questa connessione è rotta dalla contraccezione che sgancia la sessualità dalla fecondità. La fecondazione extracorporea invece sgancia la fecondità dalla sessualità e in certo modo c’è una relazione fra mentalità contraccettiva e fecondazione artificiale della quale è l’immagine speculare. Di conseguenza, qualsiasi tecnica che sostituisca l’atto coniugale deve essere considerata contraria ai piani di Dio. Per questo anche l’inseminazione artificiale è immorale.
La prova dell’antinaturalità del concepimento extracorporeo è l’incremento dei problemi medici che soffre la donna che la utilizza: stress psicologico a causa dei ripetuti tentativi a cui la donna deve sottoporsi dovuti alla scarsa efficacia di questa procedura; problemi fisici causati da una superovulazione; alto numero di aborti spontanei. Inoltre, tra i bambini concepiti artificialmente, c’è un aumento significativo di nascite premature, con basso peso e vari problemi di salute.
Questa legge, riconoscendo alle coppie di fatto diritti analoghi a quelli delle coppie coniugate, viola il diritto naturale dei figli di nascere in una famiglia stabile, e può servire come antecedente alla concessione di uno status legale a coppie omosessuali. Infine, si obbliga il contribuente italiano a pagare una prestazione sanitaria immorale senza che sia possibile presentare una doverosa obiezione di coscienza.
La difesa della vita è una parte fondamentale nel perseguimento del bene comune della società, come insegnava Giovanni Paolo II, “Non è possibile, infatti, costruire il bene comune senza riconoscere e tutelare il diritto alla vita, su cui si fondano e si sviluppano tutti gli altri diritti inalienabili dell’essere umano.” In seguito, Giovanni Paolo II aggiunge: “Infatti, non ci può essere vera democrazia, se non si riconosce la dignità di ogni persona e non se ne rispettano i diritti.”
Un elemento fondante del bene comune è un impegno attivo per l’instaurazione di una società giusta e ben organizzata sotto la Regalità di Cristo. Tale società, in cui la Fede sia realmente vissuta è per natura generosa con la vita; al contrario la carenza o povertà di Fede causa egoismo con la vita che conduce ai vari tipi di aggressione alla vita e alla famiglia. Questo avviene perché senza una visione del futuro che poggia sulla Fede è difficile prendere l’impegno permanente del matrimonio. Una Fede vissuta stimolerà la generosità dei coniugi verso la vita mentre una sana politica socio-economica garantirà alle coppie la necessaria sicurezza.
Nell’annunciare la Fede dobbiamo proporre integralmente gli insegnamenti della Chiesa su vita e famiglia intimamente legati tra loro. Non dobbiamo scoraggiarci poiché essi, in un mondo dominato dal relativismo e dall’edonismo sono fortemente ostacolati, perché niente è impossibile a Dio che vuole la nostra felicità e salvezza.