La terza profezia di “Humanae Vitae”: Un drastico calo delle relazioni fondate sul rispetto
Di Don Shenan J. Boquet (Testo in lingua Inglese: www.hli.org)
La distruzione delle relazioni fondate sul rispetto tra i sessi
“E voi, mariti, amate le vostre mogli, come Cristo ha amato la Chiesa… Così anche i mariti hanno il dovere di amare le mogli come il proprio corpo, perché chi ama la propria moglie ama se stesso. Nessuno mai infatti ha preso in odio la propria carne; al contrario la nutre e la cura, come fa Cristo con la Chiesa… Questo mistero è grande; lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa! Quindi anche voi, ciascuno da parte sua, ami la propria moglie come se stesso, e la donna sia rispettosa verso il marito.”
(Efesini 5, 25-33)
All’inizio di Humanae Vitae, Papa Paolo VI descrive le quattro caratteristiche dell’amore coniugale – o meglio, le caratteristiche che l’amore coniugale dovrebbe avere.
In primo luogo, l’amore coniugale deve essere pienamente “umano”. Cioè, deve coinvolgere l’intera persona, “sensibile e spirituale”, e non può essere semplicemente “trasporto di istinto e di sentimento”. Quindi, deve essere un atto della “volontà libera”, profondo e “destinato non solo a mantenersi, ma anche ad accrescersi mediante le gioie e i dolori della vita quotidiana; così che gli sposi diventino un cuor solo e un’anima sola, e raggiungano insieme la loro perfezione umana.”
In secondo luogo, l’amore coniugale deve essere “totale”. Dovrebbe essere basato su una profonda “amicizia” in cui “gli sposi generosamente condividono ogni cosa”. All’interno di questo amore totale, uno dei coniugi non ama l’altro “soltanto per quanto riceve da lui, ma per se stesso”.
In terzo luogo, l’amore coniugale deve essere “fedele ed esclusivo”. “Fedeltà che può talvolta essere difficile” ma “sempre nobile e meritoria”, insiste il papa. “L’esempio di tanti sposi attraverso i secoli dimostra non solo che essa è consentanea alla natura del matrimonio”, ha aggiunto, “ma altresì che da essa, come da una sorgente, scaturisce una intima e duratura felicità.”
Infine, l’amore coniugale deve essere “fecondo” – o, almeno, aperto alla possibilità di avere dei bambini. “Non si esaurisce tutto nella comunione dei coniugi, ma è destinato a continuarsi, suscitando nuove vite.” (Humanae Vitae, 9)
Ci sono due elementi sorprendenti nella visione dell’amore coniugale di Papa Paolo VI. Il primo è che è una visione d’amore che richiede uno sforzo e un sacrificio continui. Non è sufficiente che una coppia si senta semplicemente “innamorata”; per raggiungere questa profondità di amore, entrambi i coniugi devono lavorare sodo per questo. E, in secondo luogo, è un amore che presuppone la parità tra gli sposi, una parità che è favorita dallo spirito di sacrificio citato sopra. Piuttosto che avversari nella “battaglia dei sessi”, marito e moglie sono amici, ognuno alla ricerca del proprio modo di donarsi all’altro, per il bene dell’altro.
La terza profezia di Papa Paolo VI e il movimento #MeToo
Un matrimonio basato su un amore di questo tipo chiaramente avvantaggia sia gli uomini che le donne. Tuttavia, colpisce il modo in cui il matrimonio monogamico, per tutta la vita, è particolarmente adatto a proteggere le donne dalle tendenze più brutte di sfruttamento da parte degli uomini.
Papa Paolo VI, scriveva alla fine degli anni Sessanta in Humanae Vitae, che era seriamente preoccupato di come i cambiamenti sociali, che minavano l’ideale cristiano del matrimonio e della sessualità, esponessero le donne allo sfruttamento. Nella terza famosa profezia di Humanae Vitae il papa ha espresso di “temere” che “l’uomo, abituandosi all’uso delle pratiche anticoncezionali, finisca per perdere il rispetto della donna”. Anzi, ammonì, un uomo “senza più curarsi del suo equilibrio fisico e psicologico” potrebbe arrivare a considerare la donna “come semplice strumento di godimento egoistico e non più come la sua compagna, rispettata e amata.”
Sembra proprio necessario fare ogni sforzo per “dimostrare” quanto questa profezia si sia avverata. Nell’ultimo anno siamo stati inondati di storie di uomini potenti che approfittano di donne vulnerabili per soddisfare i loro insaziabili appetiti sessuali. Al culmine del movimento #MeToo, milioni di donne comuni hanno condiviso sui social media storie vissute di molestie o abusi sessuali. Come hanno notato molti commentatori, uno degli aspetti più sorprendenti di queste storie è il grado in cui gli uomini coinvolti sembravano sentirsi autorizzati a ricevere favori sessuali da donne che conoscevano appena. Sembra quasi che questi uomini non si siano accorti che le donne coinvolte fossero esseri umani, con i loro desideri e la loro dignità.
Oltretutto, basta guardare la nostra pubblicità e la nostra cultura popolare per vedere il sistematico sfruttamento sessuale delle donne. Papa Francesco ha denunciato questo problema qualche settimana fa[1], sottolineando in un’omelia come le donne vengano abitualmente “umiliate” nelle pubblicità, mostrate “senza vestiti”, semplicemente per vendere un prodotto. “Questo è un peccato contro Dio Creatore”, ha detto il Papa, “rigettare la donna perché senza di lei noi maschi non possiamo essere immagine e somiglianza di Dio. …Ma quante volte delle ragazze per avere un posto di lavoro devono vendersi come oggetto di usa e getta? Quante volte?”
Parlando della pratica della prostituzione e della tratta sessuale, Papa Francesco ha aggiunto: “Tutto questo succede qui, a Roma, succede in ogni città, le donne anonime, le donne – possiamo dire – “senza sguardo” perché la vergogna copre lo sguardo, le donne che non sanno ridere e tante di loro non sanno, non conoscono la gioia di allattare e di sentirsi dire mamma …La donna la si calpesta perché è donna.”
La complementarità sessuale tra l’uomo e la donna
Se le donne sono sempre state vulnerabili allo sfruttamento da parte degli uomini, l’uso diffuso della contraccezione le ha rese doppiamente tali, come giustamente predetto da Papa Paolo VI. Per capire perché sia così, è necessario prima capire alcune delle principali differenze sessuali tra uomini e donne, e poi vedere come la contraccezione esaspera e altera queste differenze, a spesa delle donne.
Per cominciare, gli uomini (generalmente) hanno un impulso sessuale molto più forte delle donne. I loro desideri sessuali sono spesso legati solo in modo secondario al desiderio di relazione o procreazione. Il loro desiderio sessuale è anche in gran parte ispirato dal senso della vista e non è specifico, il che significa che gli uomini possono essere (e spesso sono) attratti istantaneamente da perfette sconosciute. Come regola generale, questo rende gli uomini cercatori di sesso, piuttosto che cercati. Ma se la ricerca sessuale è una cosa buona – anzi, necessaria – quando orientata verso il matrimonio e la procreazione, se non controllato, l’appetito sessuale maschile può facilmente tramutarsi in sfruttamento. Questo è il punto centrale di una famosa lettera del noto scrittore cattolico J.R.R. Tolkien a suo figlio Christopher (sulla quale tornerò più tardi), in cui Tolkien afferma, alquanto sorprendentemente, che per la maggior parte degli uomini la monogamia non è naturale, ma piuttosto “un pezzo di etica ‘rivelata’” – cioè, qualcosa appreso dalla fede.
Il desiderio sessuale della donna, dall’altra parte, è (in media) molto meno intenso e più complesso nei suoi meccanismi. La scienza su questo è abbastanza chiara: l’impulso sessuale di una donna tende ad essere molto più orientato alla relazione e risponde a una mescolanza imprevedibile di fattori impalpabili come i sentimenti di sicurezza personale, un senso di unione emotiva con il suo uomo, un ambiente confortevole e senza distrazioni, ecc… Se questa complessità è a volte fonte di frustrazione per gli uomini, però ha perfettamente senso dal punto di vista biologico. Le donne sono, dopo tutto, molto più direttamente legate al naturale risultato biologico dell’atto sessuale e ne portano l’enorme onere. Il ciclo mensile di una donna è un promemoria continuo, e spesso per lei doloroso, dello scopo naturale della sessualità. Contrariamente a un uomo, una donna è spesso acutamente consapevole del fatto (e come potrebbe dimenticarlo!) che la conseguenza di avere un rapporto sessuale è che potrebbe trascorrere gli anni successivi della sua vita a prendersi cura, con il suo stesso corpo, di un nuovo essere umano. Inoltre, è consapevole del fatto che, se il suo partner sessuale è occasionale, potrebbe passare la vita a crescere quel bambino da sola. Non sorprende affatto, quindi, che la natura sessuale di una donna sia orientata verso la relazione e la sicurezza.
Ogni uomo sposato impara presto che non può aspettarsi il sesso a richiesta; e, se è molto sensibile, capisce anche che ci sono ottime ragioni per la prudenza di sua moglie. Impara che se desidera avere una vita sessuale sana e regolare con sua moglie, deve prestare attenzione e prendersi cura dell’interezza della loro relazione. Inoltre, non potrà farlo solo nella cinica speranza di ottenere più rapporti (lei scoprirà rapidamente quell’astuzia) ma piuttosto per la giusta preoccupazione riguardo il benessere di lei.
Così, la natura sessuale della donna può condurre un uomo oltre la limitatezza dei suoi indiscriminati appetiti sessuali. L’uomo che accetta la sfida impara così a integrare quegli appetiti nel contesto più ampio della relazione e del dono di sé: questo è solo uno dei tanti modi in cui uomini e donne si completano a vicenda. Anche se Tolkien riconosceva senza mezzi termini le tendenze problematiche della sessualità maschile nel mondo dopo la Caduta di Adamo, ha anche affermato in modo commovente l’unica risposta appropriata per gli uomini: temprare la loro sessualità attraverso il sacrificio personale. La fedeltà nel matrimonio, ha detto a suo figlio nella lettera di cui sopra, richiede “una grande auto-mortificazione”. Ha poi aggiunto “Per un cristiano non c’è alternativa”.
Il matrimonio può aiutare a santificare[2] e regolare i desideri sessuali indirizzandoli verso il giusto obiettivo; la sua grazia può aiutare nella lotta; ma la lotta rimane. Non appagherà del tutto l’uomo, ma un affamato può essere tenuto a bada da pasti regolari. Ci saranno numerose difficoltà a mantenere la purezza propria di quello stato, ma fornirà gli aiuti opportuni. Nessun uomo, per quanto veramente abbia amato la sua promessa sposa e la sua sposa da giovane, ha vissuto fedele a lei come moglie nella mente e nel corpo senza deliberatamente esercitare coscientemente la volontà, senza autocontrollo.
Contraccezione: una sessualità desessualizzante
Il problema della contraccezione è che elimina uno degli incentivi principali per l’uomo ad abbracciare questa etica dell’autocontrollo. Questo avviene attraverso una sessualità “desessualizzante”.
Cioè, la contraccezione elimina l’unico aspetto della sessualità che è associato in modo eminente alla femminilità: la procreazione. La soppressione chimica del ciclo della donna e la rimozione della possibilità della procreazione crea l’illusione di rendere “accessoria” tutta quella complessa questione femminile della riproduzione. Insinua nella mente dell’uomo l’idea che non deve più preoccuparsi dei “rischi” del sesso o delle conseguenze che questi rischi comportano per lui. Perciò un uomo rischia di vedere nella donna solo un altro uomo, ma con il corpo di una donna. Se lui è molto contento all’idea di avere rapporti sessuali quando vuole (come spesso farà), e non c’è più alcun serio rischio di una gravidanza indesiderata, perché lei è ancora esitante? Cos’altro vuole?
Solo perché una donna usa metodi contraccettivi non significa che la sua natura sia cambiata. Rimane donna tanto quanto prima. Per molti aspetti, continua ad essere sessualmente vulnerabile come prima. Rimane il suo profondo bisogno di un senso di sicurezza, che deriva dalla consapevolezza che suo marito l’ami veramente.
All’interno del matrimonio, i rischi sono due: il primo è che la donna sarà amareggiata perché usata come strumento di piacere da suo marito, il quale non vede più alcun motivo per sforzarsi di cercare di comprenderla e amarla come donna. Tutto questo è esasperato nella nostra cultura pro-aborto e pro-contraccezione, in quanto ci si aspetta che le donne sostengano il peso schiacciante del cosiddetto sesso “senza conseguenze”: perché si ritiene che sia loro dovere acquistare e assumere tutti i giorni la pillola contraccettiva piena di ormoni, o a sottoporre i loro corpi alla violenza dell’aborto se si verifica un “errore”. Il secondo rischio è che senza gli incentivi a controllare le sue passioni e ad approfondire il suo concetto di amore, l’uomo cadrà preda delle illusioni dei suoi istinti più bassi, pensando che la qualità del suo matrimonio dipenda unicamente dal grado di appagamento sessuale. Come Tolkien scrisse a suo figlio: “Quando l’innamoramento è passato o quando si è un po’ spento, [gli uomini] pensano di aver fatto un errore e di dover ancora trovare la vera anima gemella. Per vera anima gemella troppo spesso si scambia la prima persona sessualmente attraente che si incontra”. In entrambi i casi, il risultato finale è divorzio e delusione.
A livello culturale, d’altra parte, i rischi sono quelli che abbiamo visto sopra: un drastico calo delle relazioni fondate sul rispetto tra i sessi, sostituite da una cultura fondata sullo sfruttamento di una sessualità casuale e del conseguente risentimento: cioè la generazione di #MeToo. La soluzione è la dottrina di Humanae Vitae. La soluzione sono le ispirate parole di San Paolo: “E voi, mariti, amate le vostre mogli, come Cristo ha amato la Chiesa”. E come la Chiesa ha sempre insegnato, in un amore così non c’è posto per la contraccezione.
[1] Nell’omelia della Messa a Casa Santa Marta, venerdì 15 giugno 2018.
[2] Catechismo della Chiesa Cattolica. Il Sacramento del Matrimonio http://www.vatican.va/archive/ccc_it/documents/2663cat309-472.PDF