Oriana Fallaci e l’inno alla vita in “Lettera a un bambino mai nato”

(Fonte: prolifeinsieme.it)

Gentile Direttore,

In questo articolo https://www.studenti.it/lettera-a-un-bambino-mai-nato-trama-e-significato-del-libro-di-oriana-fallaci.html

si cerca di dare una chiave di lettura del libro “Lettera ad un bambino mai nato” scritto da Oriana Fallaci nel 1975.
Il romanzo è una sorta di lunga lettera scritta, nel momento in cui l’autrice scopre di essere incinta, al futuro bambino.
Fallaci si rivolge al figlio che sta crescendo dentro di lei confidandogli le ansie, le paure, gli stati d’animo che questa condizione di futura madre le trasmettono.
Una maternità non cercata lascia quasi sempre stupiti, sgomenti. Indecisi sul da farsi.
L’autrice si trova  a vivere questi stati d’animo contrastanti. Emozioni di eccitazione che scaturiscono dalla consapevolezza  che una vita sta crescendo dentro di lei alla paura di dover affrontare tutto da sola.
Prende per un momento in considerazione anche l’idea di non portare avanti la gravidanza idea che abbandonerà decidendo di tenere il bambino.
”A tre settimane sei quasi invisibile, spiega la didascalia. Due millimetri e mezzo. Eppure cresce in te un accenno di occhi, qualcosa che assomiglia a una spina dorsale, a un sistema nervoso, a uno stomaco, a un fegato, a intestini, a polmoni. Il tuo cuore è già fatto, ed è grande: in proporzione, nove volte più grande del mio. Pompa sangue e batte regolarmente dal diciottesimo giorno: potrei buttarti via?“ (cit. Lettera ad un bambino mai nato).
Per questo l’autrice decide di farlo nascere questo bambino, non per paura del giudizio di Dio, è atea, non per il giudizio delle persone, a lei non è mai importato, non per chissà quale paura. Decide di farlo nascere perché è un bambino, una vita nascente.
Purtroppo questa gravidanza finirà con un aborto spontaneo che lascerà dentro di lei un vuoto incolmabile.
Un vuoto che la porterà a chiedersi se il bambino abbia deciso di non nascere per punirla di aver anche solo pensato di sbarazzarsi di lui.
Questo senso di colpa spesso viene vissuto dalle madri che decidono di non fare nascere il proprio figlio e purtroppo ne condizionerà la vita anche se queste madri proveranno a metterlo in un angolo cercando di non pensarci.
Il taglio interpretativo che si vuole dare a questo romanzo è quello che il libro lasci lo spazio a più riflessioni.
Dal diritto della donna di decidere se diventare o meno madre.
Al ruolo della donna nella società, al diritto di scelta ecc.
Si evidenzia il fatto che non sia una riflessione che abbia come filo conduttore l’essere per l’aborto o contro ma che lasci più spazi di riflessione. Una riflessione ad ampio respiro.
Io trovo soprattutto in questo scritto un inno alla vita e ad una gioia nell’accoglierla che va oltre al giudizio, oltre alla fede, oltre a tutto l’immaginabile perché c’è la consapevolezza che una vita sta nascendo, che un uomo si sta formando e sta prendendo vita dentro il ventre di una madre.
E quando dallo stupore e alla gioia della vita accolta la protagonista passerà all’angoscia della non più vita, questa consapevolezza sarà ancora più forte, in quanto si renderà conto che la vita non c’è più.
E questa presa di coscienza genererà in lei profonda solitudine e amarezza.
Decidere di uccidere una vita nascente può generare solo conflitto e tante sono le testimonianze di donne a cui questa scelta ha tolto la pace e tanti sono i bambini oggi a cui è impedito di venire al mondo: una strage di innocenti.

Angela D’Alessandro

Comitato “Pro-life insieme“

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