“Fate questo in memoria di me”

L’Eucaristia, la cerimonia di apertura delle Olimpiadi del 2024 e Shattering of Loneliness (La distruzione della solitudine) di S.E. Mons. Eric Varden

Di Don Francesco Giordano

(Originale in Inglese in catholicexchange.com)

Come ricordato alla fine del brano di Luca 18:9-14, “chi si esalta sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltato”, l’umiltà svolge un ruolo centrale nella vita interiore di una persona devota. A differenza della vita esclusivamente esteriore, come si legge nella parabola del fariseo, la religione descritta da Cristo è una religione viva, interiore, radicata nella verità su sé stessi, sugli altri e su Dio. Tale verità è alla base dell’umiltà, che letteralmente fa riferimento alla “terra” (humus in greco). Umiltà, nel senso etimologico della parola, significa “a terra”. Poiché abbiamo a che fare con il Greco, possiamo analizzare il termine greco per verità: aletheia. Più che essere “a terra”, essa si riferisce a “un lucido aggrapparsi alla memoria e alla consapevolezza”. (Eric Varden, Shattering of Loneliness, p. 113 – tutte le citazioni dal libro Shattering… sono traduzioni nostre, n.d.t.). Il libro di Mons. Eric Varden, The Shattering of Loneliness: On Christian Remembrance, svolge su questo tema un’importante riflessione. Il Vescovo esamina l’etimologia di aletheia. La parola deriva da Lethe, il fiume sotterraneo della dimenticanza volontaria, dove le ombre bevono per dimenticare il loro passato. Tale dimenticanza è colpevole perché conduce a uno stato letargico dell’anima, una sorta di “sonnolenza perversa”.

L’aletheia, quindi, richiede un lucido aggrapparsi alla memoria per allontanarsi dall’Ade. È “venire alla luce” nello Spirito. È questa la ragione del religioso voler tenersi vicini alla Verità durante la Messa. Come Nostro Signore ricorda agli Apostoli nell’Ultima Cena, “Fate questo in memoria di me”. È un ricordo reale che porta Cristo nel nostro momento presente, per aiutarci a dare un senso a ciò che viviamo, per darci la forza di affrontare le nostre croci con una prospettiva più profonda. Perché questo è particolarmente importante nel nostro tempo? Non si può non pensare a ciò che è accaduto di recente alle Olimpiadi del 2024 a Parigi. Nonostante la manipolazione dei fatti realmente accaduti, milioni di persone hanno assistito a una rappresentazione assolutamente blasfema dell’Ultima Cena, dove Nostro Signore ha detto: “Fate questo in memoria di me”. Vedere questa memoria derisa alle Olimpiadi con l’orgoglio che rifiuta ciò che la Verità stessa è, fa capire quanto siamo caduti in basso nella nostra volontaria dimenticanza del glorioso passato della cristianità. Prima, siamo scherniti durante il Mese del Sacro Cuore, un Cuore umano-divino traboccante di umiltà divina. Poi, durante il mese del Preziosissimo Sangue, dobbiamo vedere un dio ubriaco, Bacco, e una rappresentazione transessuale di Nostro Signore stesso. A che punto siamo arrivati?

Don Francesco Giordano – Direttore Vita Umana Internazionale Roma

Un ritorno a Nostro Signore e a una vita impregnata dell’impulsio Dei, il tendere verso Dio, l’Amore che è lo Spirito Santo, è ciò che serve non solo per la redenzione dell’uomo, ma per una sua nuova creazione, a questo punto necessaria. In un certo senso, siamo come l’uomo della parabola di Luca 10, 23-27 che attende il Buon Samaritano non solo per essere redento ma anche per ricreato. Il Buon Samaritano rappresenta colui che viene da “fuori”. Il levita e il sacerdote rappresentano rispettivamente la filosofia naturale e la religione naturale. Tuttavia, una lezione da trarre da questa parabola è che se ci limitiamo a lavorare dentro al nostro sistema, non otteniamo nessun risultato. Questo perché il sistema stesso è cieco e corrotto a causa dello stato prodotto dal peccato originale. La grammatica ci offre l’esempio dell’univocità e dell’analogia. Univocità significa parlare con “una sola voce”, la stessa lingua, lo stesso “sistema” che si trova all’interno di un ambiente. L’analogia si riferisce a voci diverse che hanno significati simili. L’univocità potrebbe riferirsi al “monolinguismo”. Chi parla una sola lingua ha una sola visione del mondo. Mons. Varden, infatti, cita l’osservazione di Andrei Makine secondo cui il monolinguismo produce una visione totalitaria del mondo. “Questo oggetto si chiama libro e basta. Il bambino bilingue, invece, trovandosi di fronte a un oggetto con due nomi, dovrà confrontarsi presto con idee astratte e filosofiche. Sa che nessun nome è definitivo”. (cfr. Varden, p. 148) Nella stessa ottica, il Buon Samaritano viene dall’esterno. La salvezza, la redenzione, la ricreazione vengono necessariamente dall’esterno.

Mons. Varden svolge alcune riflessioni illuminanti su questi temi quando opera una distinzione tra desiderio e anelito. Dopo tutto, si può affermare che in Europa, in mezzo a questo spettacolo, le persone desiderano il passato con un anelito doloroso, cioè con “nostalgia”, proprio come si legge nei medievalisti inglesi del XIX secolo della tradizione anglo-cattolica. Esaminando le radici greche delle parole “hedone”e “pothos”, Mons. Varden mette in luce come il desiderio si situi a livello naturale, mentre la nostalgia si collochi su un altro livello. Il desiderio potrebbe avere una natura univoca, mentre la nostalgia analogica. Desiderare significa provare piacere o “godimento”, come si può vedere nell’“edonista”, la cui vita è governata dalla “ricerca del piacere”. L’anelito, invece, ha a che fare con l’aspirazione a una cosa perduta o lontana, una cosa conosciuta e apprezzata ma irraggiungibile. Mentre l’“hedone” nasce dall’interno, dalla propria brama di soddisfazione, il “pothos” si sperimenta come un qualche tipo di forza esterna a sé stessi. (cfr. Varden p. 146).

In Progresso e religione, Christopher Dawson scrive: “Nessuna civiltà, per quanto progredita, può permettersi di trascurare le realtà fondamentali connesse con la vita della natura e con i caratteri della regione da cui il suo benessere dipende. Anche le più alte conquiste della scienza, dell’arte e dell’organizzazione economica non sono sufficienti a scongiurare la decadenza di un organismo sociale, quando le sue funzioni vitali siano state intaccate”. (cfr. Christopher Dawson, Progresso e religione, Cap. III). Dawson sta facendo luce su tre categorie per svolgere un’analisi culturale: il popolo, il lavoro e il luogo di residenza. Se il popolo, cioè la “qualità della popolazione” ha perso forza morale, crolla tutto. Se il popolo è ridotto in uno stato di torpore letargico che gli fa dimenticare scientemente il suo Salvatore, non possiamo stupirci della distruzione di cui siamo testimoni. Mons. Varden commenta: “Il nostro tempo è diffidente nei confronti delle parole. Rifugge dai dogmi. Eppure, conosce il significato della nostalgia. Ha un anelito confuso, senza sapere per cosa. Ma la sensazione di avere un vuoto da riempire c’è”. (cfr. Varden, p. 155). A questo punto è molto importante ricordare la sintesi operata da Sant’Atanasio nel suo capolavoro il De Incarnatione. L’intervento messo in atto da Dio attraverso l’Incarnazione è una nuova creazione, non solo una redenzione, perché il problema che necessitava una soluzione non era solo il peccato, ma anche la morte. Varden commenta: “I conti si sarebbero potuti regolare, potremmo dire, sulla base dell’economia esistente, senza bisogno di una nuova moneta. La sfida che Dio doveva affrontare era un’altra, cioè quella di liberare nuovamente l’umanità, ora in nuove circostanze, dalla sua limitatezza naturale… L’immagine divina, creata per l’immortalità, era ridotta in pezzi. Non si poteva semplicemente incollare i singoli pezzi tra loro. Era necessaria una nuova creazione. Per questo il Logos è entrato nella storia”. (cfr. Varden, pp. 140-141).

Mons. Varden riassume molto bene la nostra condizione: “Vedendoci senza memoria, inconsapevoli dell’immagine di Dio in noi stessi, il Signore sperava che la bellezza della creazione, opera delle sue mani, potesse aprire le nostre menti. Non è bastato. Ci ha mandato i profeti. Non ebbero un successo molto più grande. L’orizzonte dell’uomo si era talmente ristretto che si muoveva come in una fossa. Sebbene cercasse confusamente Dio ‘nella creazione e nelle cose sensibili’, non concepiva più alcuna realtà al di là del mondo fenomenico. Non conosceva nulla al di là di ciò che poteva vedere e toccare”. (cfr. Varden, p. 143) Questo è il mondo senza fede in cui viviamo. Per molti versi oggi siamo come i sofisti, i nominalisti, i razionalisti e gli esistenzialisti che non riescono più a concepire alcuna realtà al di là del mondo fenomenico. Abbiamo bisogno di un Logos esterno alla realtà fenomenica in cui viviamo che le conferisca un senso. È per questo fondamentale che una vita contemplativa sia condotta tenendo conto del mandato eucaristico “Fate questo in memoria di me” non solo per contrastare la corrente avversa ma, andando oltre, per ricreare la vita stessa. Alcuni, come Dominique Venner (1935-2013) uomo dell’estrema destra pagana, si sono opposti al sistema in modo radicale, suicidandosi nella cattedrale di Notre Dame a Parigi e accusando la Chiesa cattolica per il disastro in cui ci troviamo. Altri, come gli organizzatori della cerimonia d’apertura delle Olimpiadi di Parigi undici anni dopo, mentre affermano di essere “risvegliati” (lett. woke) vogliono spingere il sistema ancora più in là, anche attaccando la Chiesa cattolica. Nessuna delle due posizioni è giusta. È necessario un rinnovamento del sistema, che può venire solo dal Logos, che ci parla nella storia e oltre la storia.

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