L’Incarnazione in una Terra Santa divisa

Di Don Francesco Giordano

Mentre in Terra Santa riflettevo su Genesi 1, 26-31, ho pensato alla natura dell’uomo, un dato immutabile che oggi viene messo in discussione. La natura pone dei limiti, così come fa Dio Padre. Dio, quando crea, separa. Il primo atto creativo di Dio è stato quello di porre dei confini, di mettere dei limiti. Dio separa la luce dalle tenebre, le acque di sopra da quelle di sotto. Ha anche posto dei limiti che separano le acque dalla terra, il giorno dalla notte, il sabato dai giorni lavorativi, gli esseri umani dagli animali e gli uomini dalle donne. Dio ha benedetto tutto questo e lo ha definito “cosa buona”. L’essere e l’atto morale sono uniti fin dal principio. Dio è l’essere e la Sua bontà scaturisce da Lui per tutta l’eternità, cioè il cosiddetto bonum diffusivum sui. Dio è Padre e, come ogni padre, è generoso ma pone dei limiti.

I limiti che pone sono quelli che trattengono i mitici mostri marini del “caos”. Questi mostri sono sempre pronti a distruggere la creazione di Dio e a riportarla al suo stato originario di “terra informe e deserta”. La natura dell’uomo è uno di questi limiti. L’uomo non è una donna e la donna non è un uomo. L’uomo non è un “transumano”. L’uomo è l’uomo e il Signore Gesù Cristo è venuto non solo per mostrarci il Dio Trino e Uno ma, nel rivelarci la natura di Dio, ci ha svelato la nostra natura di esseri relazionali. Siamo fatti di relazioni. Non siamo fatti per essere soli. Non siamo fatti per rimanere separati. Siamo invece fatti per comunicare gli uni con gli altri, pur mantenendo la nostra individualità distinta. Si tratta di una distinzione piuttosto che di una separazione.

Don Francesco Giordano
Direttore Vita Umana Internazionale Roma

Questo concetto mi è stato molto chiaro in Terra Santa. A Gerusalemme ho percepito un intenso senso religioso. Tuttavia, ho anche percepito una forte separazione tra le tre religioni monoteiste. Ne capisco il motivo. Capisco che non siamo uguali. Un cristiano che crede che Gesù Cristo sia il Tempio Eterno non può piangere per la distruzione del Tempio di Salomone. Sì, può farlo per rispetto degli Ebrei, come gesto di cortesia, ma non come gesto religioso vero e proprio. Lo stesso vale per il rispetto tributato alla Moschea del Califfo Omar, edificata sulla roccia ritenuta essere il centro del mondo. Essa è importante per un Musulmano, ma non per un Cristiano o un Ebreo. Dopo tutto, simboleggia la conquista della Terra Santa da parte del Califfo Omar nel 638. Questo vale anche per il Santo Sepolcro. La maggior parte degli Ebrei di Gerusalemme non ci sono mai stati, anche se ho visto alcuni Musulmani. Il fatto che vi abbia visto alcuni Musulmani o che abbia percepito in misura minore la contrapposizione rispetto alla Moschea dimostra quanto gli Ebrei e i Cristiani siano più vicini tra di loro. In fondo, gli Ebrei hanno una radice comune con noi. La stessa sensazione si ha ancor di più con i Cristiani ortodossi o con i Cristiani protestanti rispetto agli Ebrei. Più si è simili, più ci può essere tensione. È per questo motivo che San Tommaso d’Aquino scrive che è un peccato più grave essere eretico che essere Ebreo o non credente (cfr. Summa Theologiae II-II q. 10). Quanto più si è vicini alla “perfezione” della Parola rivelata, tanto più è un peccato grave il suo tradimento. È il caso di Giuda Iscariota, per esempio. Quando si dà molto, molto ci si aspetta. Questa è la natura dell’amore e della responsabilità. L’amore attende una risposta.

Nonostante le tensioni che ho percepito, ho capito che i Cristiani presenti in Terra Santa sono portatori di pace. Il Signore unisce Dio all’uomo proprio attraverso l’Incarnazione, un grande gesto che rivela che Dio è Amore. Il messaggio di Cristo è proprio un messaggio di unità, però un’unità che rispetta l’individualità distinta di ogni persona, di ogni gruppo. Questa relazione è, ad esempio, alla base di ogni matrimonio riuscito. Il Signore deve stare tra i due sposi. Deve essere l’oggetto dell’unione tra le due persone, confermandole in una sola carne, una caro. La relazione tra un uomo e una donna nel matrimonio è unica, così come quella tra una donna e un uomo. Volutamente ho parlato di due relazioni. Ogni relazione è unica. Ogni relazione è preziosa. Quando si comprende l’unicità di ogni relazione, si è in grado di aprirsi a molte relazioni diverse e individuali con molte persone e di non essere invidiosi di quelle altrui, perché quello che ogni persona condivide con un’altra non può essere ripetuto. Ovviamente, l’unicità del rapporto matrimoniale risiede proprio nel suo essere una relazione procreativa: “Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra; soggiogatela e dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente, che striscia sulla terra” (Gen. 1, 28). C’è un’armonia che tiene conto della gerarchia dell’essere, come spiegano San Tommaso d’Aquino nel De Veritate q. 20 e Giovanni Paolo II nella sua opera Amore e responsabilità, scritta prima di diventare Papa.

Cristo è il Mediatore, il Pontifex (letteralmente “costruttore di ponti”) tra Dio e l’uomo. È l’Episcopus (letteralmente “che vigila su tutto”), il sale della Terra che dà “sapore” e senso a tutto sacrificando Se stesso, “offrendo” Se stesso in modo santo (per cui sacrificio significa sacrum facere, offrire qualcosa di santo) a favore degli altri. Il suo è un amore che unisce, ma distingue le persone coinvolte. C’è una chiarezza nell’essere e una chiarezza nell’agire con Cristo. Egli ci rivela realmente Dio e Uomo, come sottolinea la Gaudium et Spes 22. Queste verità mi erano sempre più chiare mentre viaggiavo in Terra Santa, da Gerusalemme in Israele-Giudea, a Betlemme in Palestina-Giudea, a Nazareth in Galilea. Esse emergevano ogni volta che ho parlato con un Cristiano, percependo la sua sofferenza in questi tempi difficili. Tuttavia, si tratta di una sofferenza con un significato profondo, un vero sacrificio, a differenza della maggior parte delle sofferenze senza senso e senza scopo con le quali capita di confrontarsi in una società secolare (letteralmente saecula, “dei tempi”) come l’Europa di oggi. Se all’inizio è stato molto interessante vedere tanta devozione nei tre diversi modi di adorare Dio, è stato anche angosciante provare un forte senso di tensione, una mancanza di amore. Come può la venerazione di Dio non portare all’amore? Queste sono le domande che ci poniamo come fedeli di una religione che crede fermamente che Dio è amore, Deus caritas est.

Durante l’ultima Messa che ho celebrato a Gerusalemme, i diversi pezzi sono andati al loro posto. Mi trovavo lì dove un tempo c’era il Golgota, dove la pietra scartata è diventata la pietra d’angolo, davanti a un mosaico che rappresentava Gesù mentre veniva messo in croce mentre sua Madre lo guardava, dritta davanti a lui, con dolore. Lei incarna i dolori che non sono ferite, perché accetta tutto quello che le capita per la maggior gloria di Dio. Non oppone resistenza. La resistenza alla volontà di Dio provoca solo ferite. Maria si abbandona alla Sua volontà. Si sottomette liberamente alla volontà del Padre, come fa Nostro Signore, che assume volontariamente la croce come sacrificio estremo per unire l’uomo a Dio e Dio all’uomo, a ogni singolo uomo. Il significato dell’Incarnazione si completava davanti a me, mentre comprendevo la sua perfezione nel Sacrificio sulla Croce, un Ponte tra ogni uomo e Dio.

Avventurandomi verso il Muro del Pianto per visitare il sito del Tempio, ho percepito che stavo entrando nel territorio di un’altra religione. I limiti sono labili, come lo sono per entrare nello spazio dedicato alla Moschea di Omar. È qui che il significato dell’Incarnazione, della Morte e della Risurrezione di Nostro Signore acquista davvero senso perché, se da un lato si avverte la separazione, il limite, dall’altro si avverte anche la mancanza di unità e di amore che, chi è consapevole del mistero dell’Incarnazione, si aspetta di trovare in un contesto religioso come questo. L’Incarnazione, che unisce Dio all’uomo e l’uomo a Dio, vuole riunire persone distinte, ma non in contrasto. Per definizione, impariamo che una Persona è una “sostanza razionale individuale” nelle opere di Boezio sulla Trinità. Una persona, sia essa divina, angelica o umana, è un individuo. Una persona non è un’altra. Questi limiti individuali sono chiaramente definiti dalla definizione della Persona divina. Il Padre non è il Figlio, che non è il Padre, e così lo Spirito Santo. Chi ci rivela questo se non nostro Signore Gesù Cristo, l’Uomo-Dio incarnato? Lo fa in modo nascosto, come si vede a Nazaret, una piccola città dove si può comprendere perché Natanaele abbia detto riferendosi a Nostro Signore: “Da Nazaret può mai venire qualcosa di buono?” (Giovanni 1, 46). Apparentemente non c’era nulla di straordinario, ma questa è la natura della grazia, un’entità qualitativa o un accidente che modifica la sostanza con cui viene a contatto. La grazia funziona come il sale. Lo vediamo a stento, ma cambia il sapore di ciò che mangiamo.

L’aspetto più affascinante dell’esperienza in Terra Santa è stato il periodo in cui ci sono stato. Dopo le feste della Trinità e del Corpus Domini, prima della festa del Sacro Cuore. Da un lato, ero quindi portato a meditare sull’unicità di ogni Persona, di ogni relazione. Dall’altro, a riflettere sulla profondità dell’amore di Dio che si esprime attraverso l’Eucaristia e il Sacro Cuore, davvero il sale della terra che dà sapore alla nostra conoscenza della vita. Questa è la natura del dono più alto dello Spirito Santo: la sapienza, “conoscenza gustosa”, resa tale dall’amore coinvolto. Si pensi che il Sacro Cuore è apparso nella storia nel 1681, sette anni prima della Gloriosa Rivoluzione che ha cacciato gli Stuart dalla monarchia inglese e ha reso l’Inghilterra ufficialmente protestante, e centootto anni prima della Rivoluzione Francese che avrebbe spezzato il legame con la patria uccidendone il capo consacrato, il Re Cattolico di Francia. Solo il palpitante amore di Dio, espresso nella sublime profondità e ampiezza del Sacro Cuore di cui leggiamo nella Lettera agli Efesini, al capitolo 3, può salvare un mondo moderno ormai molto frammentato che ignora volontariamente le sue radici, il suo Padre divino e la sua guida.

Ho preso il titolo di questa breve riflessione da Donald DeMarco. Ad un certo punto, il Prof. DeMarco scrive della frammentazione di un’educazione troppo specializzata: “La specializzazione, in particolare nelle attività scientifiche e tecniche, ha una sorprendente somiglianza con la specializzazione che si trova tra gli animali. Ogni animale si è evoluto secondo linee di sviluppo altamente specializzate per diventare adeguatamente adattato a compiti specifici che contribuiscono a garantire la sua sopravvivenza… L’educazione dell’essere umano, invece, mira in particolare a sviluppare una persona a tutto tondo, fornendole una conoscenza generale e universale”. (Donald de Marco, The Incarnation in a Divided World, p. 56. Traduzione nostra, N.d.T.) Quando si fa la conoscenza con una delle tante persone confuse che si aggirano nelle strade delle nostre città, non si può fare a meno di trovare sollievo in Cristo Salvatore, che è il mediatore tra Dio e l’uomo, tra l’uomo e Dio e tra l’uomo e l’uomo. La teologia, quindi, svolge un ruolo fondamentale nell’operare le giuste distinzioni che uniscono le persone dando un senso alla Verità, alla Carità e alla Bellezza. È la più alta delle scienze che ha unito le discipline nelle università fondate nel cosiddetto Medioevo. Se non comprendiamo il significato profondo della Rivelazione e del suo studio in Teologia, non possiamo meravigliarci che le guerre continuino senza sosta. Se non insegniamo le diverse discipline in comunione tra loro, cercando un terreno comune, non possiamo meravigliarci della crescente confusione e dell’odio che vediamo nei nostri campus universitari. Basti pensare a quanto scriveva Sant’Atanasio nel suo De Incarnatione. Di fronte all’obiezione dei Pagani che c’è ancora il male dopo la venuta di Cristo, Sant’Atanasio rispose che, se Egli non fosse venuto, saremmo stati annientati. Senza Cristo il male ci avrebbe distrutti. Nostro Signore è infatti la barriera che con amore ci impedisce di essere così lontani da Lui fino al punto di essere travolti da un odio infernale. Nostro Signore e il Suo insegnamento di perdono, di verità e giustizia, di magnanimità e di profonda virtù, è evidentemente la soluzione ai nostri problemi di oggi e di sempre.

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