Madri che plasmano anime umane
Di Don Shenan J. Boquet
(Originale in inglese)
“Grazie a te, donna-madre, che ti fai grembo dell’essere umano nella gioia e nel travaglio di un’esperienza unica, che ti rende sorriso di Dio per il bimbo che viene alla luce, ti fa guida dei suoi primi passi, sostegno della sua crescita, punto di riferimento nel successivo cammino della vita”. (Papa San Giovanni Paolo II, Lettera alle donne)
Una delle idee più aberranti che si sono affermate nel mondo moderno è il pensiero che in qualche modo la maternità sia una dimensione poco importante, addirittura qualcosa di cui vergognarsi. (Mentre per noi la maternità è una vocazione nobilissima).
Potrebbe sembrare un’esagerazione, ma credo che ci siano prove che lo confermino. Ho parlato con tante giovani donne che sentono un’immensa pressione affinché diano la priorità ai risultati della loro carriera rispetto al matrimonio e alla maternità. Nel frattempo, molte giovani donne che si sposano e diventano madri si trovano alle prese con un senso di colpa pervasivo che le porta a “sprecare” i loro talenti.
Il risultato è che molte donne sono lacerate tra casa e lavoro, cercando di mantenere lo stesso livello di rendimento professionale di cui godevano prima di sposarsi e di diventare madri, tentando al contempo di essere “super-mamme”. Il risultato, spesso, è che le donne si sentono come se stessero fallendo in entrambe le cose, il che le porta ad avere un generale senso di ansia e di colpa.
Nel frattempo, quelle donne che alla fine decidono che il loro desiderio di una vita matrimoniale e d’amore per la maternità sono abbastanza forti da non avere alcun interesse a fare carriera, e per questo preferiscono rimanere a casa, sono bombardate da messaggi che insinuano che sia una scelta sbagliata. In un mondo in cui una delle prime domande che ci si pone tra sconosciuti è “che lavoro fai?”, molte donne scoprono che il loro lavoro specifico, quello di moglie, madre e casalinga, non sia riconosciuto come un “vero” lavoro.
Una conseguenza è che relativamente poche donne sono mamme e casalinghe. La percentuale di mamme che restano a casa si aggira tra il 20 e il 30%. Tuttavia, per molte di loro si tratta semplicemente di una soluzione temporanea nei primi anni di vita del bambino, e non appena quest’ultimo è abbastanza grande da andare a scuola, tornano al loro “vero lavoro”: non necessariamente perché è quello che avrebbero voluto scegliere, ma piuttosto perché era ciò che “ci si aspettava” da loro.
La maternità e il nostro errore utilitaristico
Questa diffusa denigrazione della maternità è, per me, uno dei più sinistri sintomi di quanto le priorità della nostra società siano capovolte. La nostra società è fondamentalmente “utilitarista”, in quanto misura il valore delle vite umane non in base al loro valore intrinseco, ma in base a quanto “valore” producono, cioè al loro valore economico sul mercato.
Questo è completamente ripugnante per la visione del mondo cristiana, che fin dall’inizio ha riconosciuto l’innata “bontà” degli esseri umani e dell’esistenza umana. Dio creò gli esseri umani, dice la Genesi, e “vide che ciò era cosa buona”. Questa bontà fondamentale non è qualcosa che deve essere guadagnata, ma è goduta per il fatto stesso di essere una persona fatta a immagine e somiglianza di Dio.
Questa visione del valore della persona umana libera i singoli esseri umani dalla necessità di dimostrare il proprio valore attraverso i risultati economici e crea uno spazio per riconoscere e valorizzare ideali e scopi più elevati. Gli esseri umani non sono fatti per “produrre”, ma piuttosto per raggiungere i loro fini più elevati in ambiti come il donare amore e contemplare il bene.
Forse questo può sembrare un po’ troppo astratto e altisonante, ma credo che l’essenza della maternità, e come viene vista in ogni società sana, sia assolutamente fondamentale. La maternità trova il suo valore non tanto nel modo in cui produce qualcosa di valore (anche se lo fa), quanto nel modo in cui dimostra al mondo che ci sono cose che hanno molto più valore del “valore” economico.
La contemplazione e l’amore di una madre
Se avete mai visto una neomamma guardare il suo bambino appena nato, allora avrete un’idea di cosa intendo per “contemplazione” e “amore”.
In quei momenti in cui una madre tiene in braccio il suo bambino, guardandolo con amore, non ha bisogno di ulteriori giustificazioni per quello che sta facendo. Non contempla e ama il suo bambino perché farlo è in qualche modo economicamente produttivo, o anche perché amando così il suo bambino è più probabile che faccia crescere un bambino più sano, più forte, più indipendente che possa poi dare il suo contributo in modo “significativo” al mondo.
Lei contempla e ama suo figlio semplicemente perché questo atto di contemplazione e di amore verso un’altra persona è la cosa più alta, più significativa, più importante che un essere umano possa fare! In una sezione profondamente toccante della sua grande enciclica sulla dignità della donna, Mulieris Dignitatem, Papa San Giovanni Paolo II fa una profonda meditazione sul dono unico della maternità. “La maternità”, ha scritto,
“contiene in sé una speciale comunione col mistero della vita, che matura nel seno della donna: la madre ammira questo mistero, con singolare intuizione «comprende» quello che sta avvenendo dentro di lei. Alla luce del «principio» la madre accetta ed ama il figlio che porta in grembo come una persona. Questo modo unico di contatto col nuovo uomo che si sta formando crea, a sua volta, un atteggiamento verso l’uomo – non solo verso il proprio figlio, ma verso l’uomo in genere -, tale da caratterizzare profondamente tutta la personalità della donna. Si ritiene comunemente che la donna più dell’uomo sia capace di attenzione verso la persona concreta e che la maternità sviluppi ancora di più questa disposizione”. (Giovanni Paolo II, Mulieris Dignitatem, n. 18).
In altre parole, l’intera natura della maternità è tale da orientare la madre verso il nascituro che cresce nel suo grembo, e poi verso il neonato che ha bisogno del suo corpo per nutrirsi, come persona intrinsecamente degna di attenzione e di amore, cioè come un dono che essa ha ricevuto. E questo atteggiamento radicale è qualcosa che, a sua volta, la donna porta nel mondo nel modo in cui si relaziona con gli altri.
Anche se il bambino non può dare nulla alla madre in cambio, la madre può dare sé stessa al suo bambino: totalmente, senza riserve, senza la necessità di qualifiche. E così facendo, la madre diventa un’icona dell’amore stesso: l’amore, che è la forza più grande e potente dell’universo. L’amore, che è una partecipazione all’essere di Dio Stesso.
Il mondo sta morendo di fame per mancanza di amore. Non per mancanza di impiegati, di avvocati o di medici. Ma di amore. Eppure, per qualche motivo, abbiamo trascurato il ruolo fondamentale che le madri svolgono, e hanno sempre svolto, nel portare più amore nel mondo: amare una persona fin dai primi momenti della sua esistenza. Se si sente chiamata a farlo e se le circostanze lo permettono, una madre non dovrebbe sentirsi in colpa se non produce ricchezza materiale per dedicare tutta la sua attenzione ai figli. Dopo tutto, sta facendo il lavoro più importante del mondo: plasmare anime umane.
E anche se una particolare madre non si sentisse chiamata a essere una mamma casalinga, o se le sue condizioni economiche non lo permettessero, non dovrebbe essere spinta a pensare che la sua maternità sia solo un aspetto “periferico” della sua identità o della sua vocazione. Ogni essere umano ha una madre e ogni madre svolge un ruolo cruciale nel formare la mente e l’anima dei suoi figli. Nei primi anni di vita, una madre ha la capacità di insegnare al proprio figlio che è intrinsecamente degno di amore in quanto persona fatta a immagine di Dio. Che aspetto avrebbe il nostro mondo se ogni essere umano comprendesse la grandezza del proprio valore agli occhi di Dio?
Il valore sociale dell’amore materno
La mia argomentazione fino a questo punto coincide in gran parte con l’insegnamento della Chiesa che ha sempre visto nella maternità una condizione e una vocazione che non ha bisogno di ulteriori giustificazioni. Non c’è atto umano più grande che mettere al mondo un nuovo essere umano immortale e poi far crescere quel bambino in un ambiente di amore totale e oblativo. Così facendo, una donna fa qualcosa che ha un valore intrinseco e che realizza il suo essere e la sua natura in modi che nessuna carriera potrebbe mai fare.
Per una madre stare semplicemente con il proprio figlio, semplicemente contemplandolo con amore, può sembrare “inutile” agli occhi del mondo. Ma per cos’altro sono stati creati gli esseri umani, se non per vivere in uno stato di contemplazione amorosa? Gli innamorati che passano una serata a guardarsi negli occhi non sentono di dover giustificare il loro comportamento, se esso produce valore economico per il mondo. Sanno che, in qualche modo misterioso, questo loro amore ha un valore, di per sé, che supera qualsiasi aumento del PIL.
In definitiva, il fine per cui gli esseri umani sono stati creati è quello di entrare nella contemplazione eterna e amorevole della Visione Beatifica, in cui la persona umana vede Dio faccia a faccia. Tuttavia, ogni amore umano è in qualche modo molto concreto un’imitazione e una partecipazione all’Amore di Dio e l’amore di una madre riflette questo Amore Divino in modo speciale.
Tuttavia, come ho iniziato ad accennare sopra, anche se la maternità non ha bisogno di ulteriori giustificazioni se non quella di essere abbracciata e vissuta bene, è anche vero che la maternità ha profonde implicazioni concrete, per la salute della nostra società e (sì) anche della nostra economia. È assolutamente vero che gran parte della sofferenza di questo mondo, molta della quale produce danni sociali e conseguenze negative, deriva dalla violenza e dall’egoismo di coloro che non hanno mai sperimentato il bene più grande dell’amore: credono di dover semplicemente prendere tutto quello che possono, quando possono, per trovare il loro posto nel mondo.
Senza sminuire il ruolo dei padri (anch’esso fondamentale per la salute spirituale e mentale di ogni bambino), è pur vero che le madri svolgono una funzione fondamentale nell’aiutare i figli a capire che non devono “dimostrare” il loro valore accumulando ricchezza o potere a tutti i costi. Piuttosto, se sono amati e ricambiati, hanno già tutto quello di cui hanno bisogno. Inoltre, la felicità più grande consiste nel trasmettere agli altri l’amore che hanno ricevuto dalle proprie madri.
Un ambiente familiare accogliente e sicuro
Come disse San Giovanni Paolo II Papa nell’omelia della Santa Messa nel Central Park di New York nel 1995, “Di fronte alla cosiddetta cultura della morte, la famiglia è il cuore della Cultura della Vita. E nella famiglia sono tutelate la dignità della persona umana e la sacralità della vita umana; la vita umana è custodita, dal momento del concepimento fino alla sua fine naturale, nell’ambiente accogliente e sicuro della famiglia” (Traduzione nostra).
Le madri svolgono un ruolo chiave e insostituibile nel creare “l’ambiente accogliente e sicuro” della famiglia. Quando i bambini crescono in un ambiente così protetto, vanno nel mondo non con paura, rabbia e insicurezza nel cuore, ma piuttosto con gentilezza e carità. Un mondo più pieno di amore materno è un mondo più accogliente, più gentile, più unito.
Le donne che desiderano liberamente dedicare la totalità del loro tempo a essere mogli, madri e casalinghe non devono essere stigmatizzate dalla società, portandole a credere che la loro vocazione sia insignificante, che in essa non vi sia nulla di importante. Dobbiamo rifiutare questa visione che dà l’impressione che il matrimonio e la maternità siano un percorso per quelle donne che non sono abbastanza ambiziose o talentuose per intraprendere una carriera professionale. Allo stesso tempo, le mogli e le madri che desiderano anche impegnarsi nel lavoro, utilizzare le loro capacità e i loro talenti in una carriera fuori casa, non dovrebbero dover scegliere tra l’abbandono della vita familiare o delle conseguenze negative.
Madri, celebrate la vostra vocazione e fate festa! La maternità è una nobile vocazione! Rallegratevi di vivere la stessa vocazione di quella Madre che ha elevato la maternità a una statura ancora maggiore quando è diventata la Madre di Dio.
Come madre, Maria ha svolto un ruolo chiave nella redenzione dell’essere umano e ci ha donato un’immagine che è una fonte d’ispirazione di come dovrebbe essere la madre ideale: quella che sta con il suo bambino per tutta la vita, testimoniando il potere dell’amore incondizionato. Ogni madre cristiana farebbe bene a prendere spunto da Maria, che ha saputo eccellere nella vocazione della maternità.
A tutte le madri: Congratulazioni!