Il congelamento degli embrioni e il problema dell’adottabilità
di Serenella Verduchi
Da dove ha origine il problema del congelamento degli embrioni? Tutto ha inizio dalla procedura di procreazione in vitro, una tecnica di fecondazione artificiale, anche detta procreazione medicalmente assistita (PMA), che consente l’incontro fra i gameti maschili e quelli femminili, tramite attività che si svolgono in laboratorio. In seguito, si procede alla crioconservazione[1], ossia al congelamento, di quella parte di embrioni ottenuti in vitro e non utilizzati con questa procedura[2], gli embrioni possono essere conservati per periodi anche molto lunghi fino a una temperatura di – 196°C, sebbene la percentuale di sopravvivenza dopo lo scongelamento dipenda dalla durata della conservazione e dalle modalità di scongelamento[3].
A tale riguardo la Congregazione per la Dottrina della Fede, nell’Istruzione Dignitas Personae si esprime così:
“La crioconservazione è incompatibile con il rispetto dovuto agli embrioni umani: presuppone la loro produzione in vitro; li espone a gravi rischi di morte o di danno per la loro integrità fisica, in quanto un’alta percentuale non sopravvive alla procedura di congelamento e di scongelamento; li priva almeno temporaneamente dell’accoglienza e della gestazione materna; li pone in una situazione suscettibile di ulteriori offese e manipolazioni.”[4]
La maggior parte degli embrioni crioconservati, che non vengono utilizzati nel breve periodo, restano “orfani”[5], abbandonati, e sostano in depositi, esistenti in diversi Paesi nel mondo, laddove si pratica la fecondazione artificiale.
Riguardo la loro sorte futura esistono diverse ipotesi:
- usare gli embrioni per la ricerca[6] o per scopi terapeutici: proposta chiaramente inaccettabile perché gli embrioni vengono trattati come semplice “materiale biologico” e ciò comporta la loro distruzione[7];
- scongelare gli embrioni e, senza riattivarli, usarli per la ricerca come se fossero dei normali cadaveri: non è accettabile in quanto va dato loro lo stesso rispetto dovuto alle spoglie degli altri esseri umani[8];
- metterli a disposizione di coppie infertili: non è eticamente accettabile a causa delle stesse ragioni che rendono illecita sia la procreazione artificiale eterologa sia ogni forma di maternità surrogata[9];
- avviare una forma di “adozione prenatale” o “adozione per la nascita”[10]. Tale proposta, lodevole nelle intenzioni di rispetto e di difesa della vita umana, presenta tuttavia vari problemi non dissimili da quelli sopra elencati[11].
Sempre nell’Istruzione Dignitas Personae possiamo leggere così:
«Occorre costatare, in definitiva, che le migliaia di embrioni in stato di abbandono determinano una situazione di ingiustizia di fatto irreparabile. Perciò Giovanni Paolo II lanciò un “appello alla coscienza dei responsabili del mondo scientifico ed in modo particolare ai medici perché venga fermata la produzione di embrioni umani, tenendo conto che non si intravede una via d’uscita moralmente lecita per il destino umano delle migliaia e migliaia di embrioni “congelati”, i quali sono e restano pur sempre titolari dei diritti essenziali e quindi da tutelare giuridicamente come persone umane”»[12].
Vogliamo qui riportare, in forma sintetica, un’analisi filosofico-antropologica, offerta dal prof. Adriano Pessina, membro del Consiglio Direttivo della Pontificia Accademia per la Vita, nel suo articolo “La disputa sull’adozione degli embrioni umani. Linee per una riflessione filosofica”.
Pessina comincia ad affrontare il discorso ribadendo che nelle valutazioni morali occorre stabilire una gerarchia di beni da tutelare, cercando di analizzare i pro e i contra senza farsi condizionare troppo dalle dimensioni emotive.
Il dibattito sull’ adozione degli embrioni è un tema ampio e complesso e tocca diversi ambiti umani, soprattutto riguarda il modo con cui pensiamo al valore dell’esistenza umana[13] e non possiamo “ridurre la questione a un semplice problema di “pronto soccorso” vitale, dimenticando le condizioni in cui avviene e le implicazioni che esso ha.”[14]
Pessina approccia il nodo cruciale della questione schematizzando il discorso in due linee argomentative[15]:
- prima linea argomentativa (A) si assume che la vita umana sia un valore assoluto e incommensurabile (come tale non paragonabile a nessun altro bene) quindi → è doveroso fare tutto ciò che è possibile per salvare la vita di una persona umana;
- seconda linea argomentativa (B) si assume che la vita umana sia un valore fondamentale, ma non sufficiente per il conseguimento del fine specifico dell’uomo: ciò comporta che il valore vita sia commensurabile in linea di principio (es. è legittimo dare la vita per un altro, è legittimo testimoniare con il martirio la fedeltà alla verità su Dio) quindi → è doveroso fare tutto ciò che è moralmente possibile per salvare la vita di una persona umana.
Secondo la posizione (A) non ci sono obiezioni di diritto all’adozione prenatale, anzi si presenta come doverosa, poiché la salvaguardia dell’embrione umano è prioritaria. Se si afferma che l’adozione non è doverosa, ma soltanto legittima, allora ciò che la renderebbe tale non sarebbe più il valore “vita” dell’embrione, ma solo la decisione della donna. In questo caso si creerebbe un problema di coerenza nella posizione (A), in quanto il valore “vita” non sarebbe più considerato assoluto, e quindi prioritario, ma subordinato alla volontà della donna (in questo modo si rientrerebbe nella posizione B).
Sempre secondo la prospettiva (A) si considerano subordinati diversi valori, come:
- il diritto del figlio a nascere nel grembo della propria madre;
- il diritto del figlio “a essere concepito, messo al mondo ed educato dai suoi genitori”[16];
- il concetto della procreazione umana come atto interpersonale costituito da tre elementi, padre, madre, figlio. “L’atto in cui lo sposo e la sposa diventano padre e madre attraverso il reciproco dono totale li rende cooperatori del Creatore nel mettere al mondo un nuovo essere umano, chiamato alla vita per l’eternità.”[17];
- il valore della maternità come evento personale che esclude in linea di principio la separazione dei processi biologici, fisiologici ed affettivi.
Riguardo questo ultimo punto, è da notare che, se in casi eccezionali, si ammette l’esclusione del legame biologico nel concetto di maternità, mantenendo solo quello affettivo-volitivo, nasce la questione se allora, nel caso di assenza di legame affettivo-volitivo, sia legittimo scindere il legame biologico, come nel caso dell’aborto volontario. Pessina sottolinea come, in questo caso, la legittimità morale viene così fondata sulla volontà e, l’adozione di embrioni e l’aborto volontario risulterebbero, per uno strano paradosso, con il privilegiare, in uno scenario speculare, la decisione volontaria-affettiva della donna.
Prendendo ora in considerazione la prospettiva (B), secondo cui la vita è un valore fondamentale, quindi la vita dell’embrione va protetta con mezzi moralmente leciti, proporzionati e ordinari, Pessina propone come via teoricamente percorribile, quella di “invitare la madre biologica a portare a termine la gravidanza”[18], perché non ci sono altri mezzi (utero artificiale o animale) che siano rispettosi della dignità umana. Solo teoricamente, però, infatti, continua affermando che “nel caso del generato extracorporeo mancano le condizioni moralmente oggettive per permettergli di continuare a vivere”[19] perché “è impossibile attuare in modo ordinario questo annidamento rispettando la relazione biologica ed antropologica tra madre e figlio”[20].
In conclusione, l’unica possibilità consiste nel permettere all’embrione di morire, liberandolo da un mezzo sproporzionato e straordinario come quello della crioconservazione, che sospende i processi vitali, e che, nondimeno non li garantisce, poiché non è possibile sapere se l’embrione crioconservato sia effettivamente vivo fino a quando non si decongela[21].
Tutti noi, abbiamo a cuore la vita di questi piccoli, vorremmo poter fare qualcosa per loro, ma sappiamo che non è lecito fare il male neppure per ricavare un bene.
Questa situazione è frutto di un disordine che andrebbe fermato a monte. Sappiamo infatti che l’origine di ciò sta nell’immorale pratica della fertilizzazione artificiale. Essa ci ha portato a questo tragico e ingiusto scenario, in cui ancora, come sempre, sono i più piccoli e indifesi a dover pagare con la propria vita le sconsiderate pratiche di una società che ancora non riconosce all’embrione la sua dignità!
[1] Per approfondire i passaggi della tecnica della crioconservazione si può vedere: Z. Srebrovsk- M. Di Pietro A. Bompiani, Fecondazione artificiale e crioconservazione degli embrioni, «Medicina e Morale», 1, 2006.
[2] “I rimanenti (embrioni soprannumerari) vengono crioconservati allo stadio di 2 o 3 blastomeri” ENCICLOPEDIA DI BIOETICA E SCIENZA GIURIDICA, E. Sgreccia – A. Tarantino, Vol. V, Ebraismo – Evoluzione, p. 539.
[3] Ibidem.
[4] Congregazione per la Dottrina della Fede, Istruzione Dignitas personae su alcune questioni di bioetica, 18, AAS 100 (2008) 858-887; DeS 24 (2010).
[5] Ibidem.
[6] “Gli obiettivi della sperimentazione non terapeutica sono molteplici (approfondimento della conoscenza dei meccanismi embropoiesi; miglioramento dei terreni di coltura; definizione delle condizioni di congelamento; prove di fertilità; valutazione dell’efficacia di tecniche abortive e/o contraccettive; utilizzo per trapianti tissutali; tentativi di terapia genica; diagnosi preimpianto; preparazione vaccini), anche se – allo stato attuale – l’attenzione si è incentrata soprattutto sulla produzione di cellule staminali.” ENCICLOPEDIA DI BIOETICA E SCIENZA GIURIDICA, E. Sgreccia – A. Tarantino, Vol. V, Ebraismo – Evoluzione, p. 538.
[7] Ibidem.
[8] Cfr Congregazione per la Dottrina della Fede, Istruzione Dignitas personae su alcune questioni di bioetica, 35.
[9] Cfr Congregazione per la Dottrina della Fede, Istruzione Dignitas personae su alcune questioni di bioetica, 19.
[10] Espressione usata dal “Comitato Nazionale per la Bioetica” nel documento “Adozione per la nascita degli embrioni crioconservati e residuali derivanti da procreazione medicalmente assistita (P.M.A.)” del 18 novembre 2005.
[11] Congregazione per la Dottrina della Fede, Istruzione Dignitas personae su alcune questioni di bioetica, 18.
[12] Ivi 19.
[13] Pessina A., “La disputa sull’adozione degli embrioni umani. Linee per una riflessione filosofica” in «Medicina e morale», 2013/6, pag 1100.
[14] Ivi p. 1101.
[15] Ivi pp. 1105 e s.
[16] Congregazione per la Dottrina della Fede, “Il Rispetto della Vita Umana Nascente e la Dignità della Procreazione – Donum vitae”, parte III, AAS 80 (1988) 70-102; DeS 12 (1990); DOCUMENTA 65.
[17] Discorso di Giovanni Paolo II ai Partecipanti all’assemblea Plenaria della Pontificia Accademia per la Vita, 21 febbraio 2004.
[18] Pessina A., “La disputa sull’adozione degli embrioni umani. Linee per una riflessione filosofica” in «Medicina e morale», 2013/6, p. 1108.
[19] Ibidem.
[20] Ivi p. 1110.
[21] Cfr. Pessina A., “La disputa sull’adozione degli embrioni umani. Linee per una riflessione filosofica” in «Medicina e morale», 2013/6, p. 1110.