La cura potrebbe essere peggiore della malattia?
Di Joseph Meaney
(Fonte: www.crisismagazine.com)
Si stanno riversando grandi speranze e enormi risorse nell’impegno per combattere a livello globale la pandemia di Covid-19. Questo è un momento incomparabile di unità e solidarietà, in cui l’umanità si è mobilitata per salvare delle vite umane. Miliardi di persone stanno facendo sacrifici, come stare a casa, cancellare eventi e tenere chiuse le aziende per proteggere gli altri. Questo momento storico è assolutamente raro perché, per la maggioranza delle persone che si ammala, il Covid non è una malattia mortale ma solo da poco grave a moderatamente grave. Come detto prima, tuttavia, il principio del lock-down ha senso solo nella misura in cui le conseguenze della cura siano meno gravi del pericolo che la stessa pandemia costituisce per la società.
Parallelamente, si sono ripresentate vecchie divisioni di partito o ideologiche. In tutti gli Stati Uniti, sono stati vietati interventi chirurgici già prenotati ma non urgenti, al fine di concentrare le risorse sanitarie sulla risposta alla pandemia. Tuttavia, eccezioni particolari, in genere messe in atto per l’iniziativa dei governatori dei singoli stati, hanno permesso che l’aborto procurato continuasse a essere praticato in molti stati, mentre quasi tutti gli altri interventi opzionali erano vietati. Negli stati in cui gli aborti insieme ad altri interventi chirurgici facoltativi sono stati interrotti, Planned Parenthood e altri gruppi hanno fatto ricorso in tribunale e in certe circostanze hanno impugnato con successo la disposizione di interrompere gli aborti. Tutto questo ci ricorda che anche una grave minaccia collettiva non riuscirà a tenere unito a lungo un popolo moralmente diviso.
La ricerca scientifica e la medicina sono talvolta invocate come attività fondate sulla ragione, che tutte le persone intelligenti dovrebbero sostenere quasi incondizionatamente. Alcuni dicono: “Sicuramente non puoi essere contro la scienza o contestare ciò che la scienza ha dimostrato” Eppure anche i più ingenui sostenitori della scienza e della medicina, anche solo come ipotesi, dovrebbero riconoscere che queste discipline possono usare mezzi malvagi o essere dirette verso obiettivi mortali. La credenza popolare del diciannovesimo secolo, secondo cui la scienza e la medicina avrebbero portato a progressi sempre più grandi e risultati positivi, fu infranta nel ventesimo secolo. Dallo sviluppo e dall’uso delle armi nucleari agli esperimenti “medici” del Dr. Mengele nei campi di sterminio, è divenuto palesemente chiaro che scienziati e medici possono usare le loro conoscenze e mezzi professionali per compiere crimini contro l’umanità.
La nuova disciplina accademica della bioetica è nata come una risposta necessaria agli abusi dei diritti umani nelle scienze della vita. Le persone hanno provato repulsione per gli esperimenti umani condotti negli Stati Uniti e in altri paesi senza consenso informato o preoccupazione per il benessere delle persone che sono state trattate come cavie, come è accaduto con i pazienti afroamericani presso il Tuskegee Institute fino agli anni ’70 [1].
Proprio quando la ricerca medica su soggetti umani, alla fine del XX secolo, ha iniziato a includere tutele a livello etico, malgrado ciò, è stato aperto il vaso di Pandora dalla fecondazione in vitro e dalla possibilità di mantenere in vita gli embrioni umani per un breve periodo nei laboratori. Ciò portò rapidamente alla forte tentazione di uccidere e dissezionare embrioni umani “di riserva” per le loro cellule staminali e di usarli per condurre altri esperimenti. Quando furono sollevate obiezioni morali, etiche o di entrambi i tipi, si levò un grido di opposizione, sostenendo che le cellule staminali embrionali ottenute dall’uccisione dei nostri fratelli e sorelle minori fossero vitali per le cure future per tutta una serie di malattie e patologie. Queste affermazioni si sono rivelate in gran parte false e sono state trovate alternative etiche alle cellule staminali embrionali da una varietà di fonti diverse.
Eppure, dalla seconda metà del XX secolo ad oggi, troviamo esempi dell’uso ideologico della scienza per promuovere un’agenda che Papa Giovanni Paolo II chiamò Cultura della Morte. I bambini furono abortiti e le loro cellule furono coltivate in linee cellulari che potevano essere utilizzate per la ricerca scientifica e medica. I vaccini sono stati coltivati attraverso queste linee cellulari, derivate dagli aborti. Non è necessario alcun imperativo scientifico per utilizzare queste linee cellulari contaminate dal punto di vista etico, per lo sviluppo del vaccino, poiché molti vaccini di successo usano linee cellulari animali o umane che non provengono da un bambino abortito.
Rimane una grande domanda: perché? Qual è la giustificazione per insistere sull’uso di linee cellulari iniziate con un aborto? Certamente nessuna necessità scientifica lo richiede. Esistono alternative perfettamente idonee. C’è il forte sospetto che le ragioni siano ideologiche. I rappresentanti della Cultura della Morte provano un disperato desiderio di giustificare l’aborto e l’uccisione di embrioni umani, additando i vaccini e le cure, che questi mali hanno prodotto. Questa ansia potrebbe spiegare la loro insensata insistenza nel continuare la ricerca usando cellule staminali embrionali anche molto tempo dopo che, è divenuto chiaro, che si trattava di un percorso senza prospettive scientifiche.
La Chiesa Cattolica non ha mai accettato il ragionamento secondo cui: il male può essere commesso se si possono ottenere risultati buoni attraverso quell’azione immorale. Al National Catholic Bioethics Center (NCBC), l’8 aprile, abbiamo rilasciato una dichiarazione forte, che condanna l’uso delle linee cellulari contaminate dall’aborto nello sviluppo di vaccini Covid: “Richiamando alla mente gli insegnamenti della Chiesa Cattolica nell’istruzione Dignitas personae del 2008, il Centro si oppone fermamente ai piani, di organizzazioni e ricercatori, di utilizzare linee cellulari derivate da aborti procurati – come HEK-293 e PER-C6 – per sviluppare un vaccino contro il Covid, e l’NCBC invita tutti i ricercatori a trovare alternative a tali linee cellulari. L’uso delle linee cellulari non può essere giustificato dalla separazione storica esistente tra gli aborti procurati che hanno dato origine alle linee e le attuali decisioni dei ricercatori di continuare a utilizzare questo materiale biologico”.
La Congregazione per la Dottrina della Fede (CDF) ha chiarito la posizione della Chiesa su questa domanda in Dignitas personae: “Va pertanto precisato che il dovere di rifiutare quel “materiale biologico” – anche in assenza di una qualche connessione prossima dei ricercatori con le azioni…. [di quanti hanno procurato l’aborto] – scaturisce dal dovere di separarsi, nell’esercizio della propria attività di ricerca, da un quadro legislativo gravemente ingiusto e di affermare con chiarezza il valore della vita umana”. (Dignitas personae, n. 35, enfasi originale).
Il CDF ha dichiarato, proseguendo nello stesso documento: “Quando l’illecito è avallato dalle leggi che regolano il sistema sanitario e scientifico, occorre prendere le distanze dagli aspetti iniqui di tale sistema, per non dare l’impressione di una certa tolleranza o accettazione tacita di azioni gravemente ingiuste. Ciò infatti contribuirebbe a aumentare l’indifferenza, se non il favore con cui queste azioni sono viste in alcuni ambienti medici e politici.” (n. 35).
Il 17 aprile, la Conferenza dei Vescovi Cattolici degli Stati Uniti (USCCB), attraverso i vescovi che presiedono i quattro comitati principali, ha inviato una lettera aperta al commissario della Food and Drug Administration degli Stati Uniti sollecitando l’uso di linee cellulari etiche nello sviluppo dei vaccini per il Covid. L’NCBC e molti altri gruppi hanno aderito a questa lettera, che ha evidenziato un punto cruciale: “È di fondamentale importanza che gli americani abbiano accesso a un vaccino che sia prodotto eticamente: nessun americano dovrebbe essere costretto a scegliere se essere vaccinato contro questo virus potenzialmente mortale e violare la propria coscienza”. È un dovere per la Chiesa continuare a denunciare lo scandalo causato da una ricerca scientifica non etica. Il problema di tollerare o addirittura promuovere il male nella scienza e nella medicina sarà risolto solo attraverso un forte impegno nel chiedere opzioni morali sia da parte degli individui che delle istituzioni.
[1] Lo studio sulla sifilide di Tuskegee fu un esperimento clinico attuato e seguito dallo United States Public Health Service nella città di Tuskegee, in Alabama, negli USA. Lo studio, svoltosi tra il 1932 e il 1972, riguardava l’evoluzione della sifilide non curata, nella popolazione maschile di colore della città di Tuskegee, con lo scopo di verificare gli effetti della progressione naturale della malattia su un corpo infetto non curato, all’insaputa dei pazienti (N.d.T.).